Cammino sinodale: Lucca, una cinquantina di eremiti a confronto. Diffusa una lettera alla Chiesa italiana

Con la concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Lucca, mons. Paolo Giulietti, si è concluso oggi a Lucca il Sinodo degli Eremiti italiani ospitato, dal 25 aprile scorso, nelle strutture del seminario a Monte San Quirico. Nelle giornate, scandite dalla preghiera e dal confronto, ai circa 50 partecipanti provenienti da tutta Italia sono stati proposti in particolare due interventi: quello del sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, padre Pier Luigi Nava, su “Vita Eremitica: in cammino nella Vita Consacrata a servizio di Dio e del mondo” e quello di mons. Giulietti su “La Comunità diocesana e gli Eremiti: un cuore solo ed un’anima sola (At 4, 32.35). Un cammino inclusivo”. Nei giorni vissuti a Lucca gli eremiti hanno riflettuto sul Sinodo della Chiesa sulla sinodalità ma con uno sguardo al Cammino sinodale della Chiesa italiana. Al termine, hanno approvato insieme una lettera-documento indirizzata alla Chiesa italiana nella quale affermano che “radunati in questo Sinodo prendiamo atto che lo Spirito Santo suscita, come segno del tempo, sempre più numerose vocazioni eremitiche”. “Tra noi – si legge – c’è chi è chiamato dallo Spirito a vivere il deserto nei monti, in campagna o nelle città; chi vive una vita prettamente solitaria o chi la condivide con fratelli e sorelle in piccole comunità; chi vive di carità, chi lavora. A noi tutti, ognuno secondo le proprie peculiarità e differenze, viene chiesto di vivere nella sequela di Gesù il nostro essere contemplativi nel deserto come sentinelle che lo Spirito conduce ai margini e plasma a suo modo per quel ‘vultum Dei quaerere’ (cercare il sul volto) cui tutti tendiamo”. “Siamo cercatori cercati da Dio col mondo nel cuore per il quale viviamo il ministero dell’intercessione e apostolato della contemplazione”, proseguono, assicurando che “nell’unico corpo ecclesiale sentiamo forte la responsabilità della testimonianza e della trasmissione della fede nella solitudine, nella preghiera e nell’ascolto”. “La nostra vita è segnata dalla precarietà, dalla marginalità, dall’abbandono fiducioso in Dio e dal silenzio orante”, aggiungono: “Questo ci appartiene; nella Chiesa siamo come ‘il passero che ha trovato una casa, la rondine il nido presso i tuoi altari’ (Sal 84,4) e chiede la cura paterna e materna dei pastori”. “Ci auguriamo che questo annuncio di bene – concludono – possa essere fermento che genera vita: ‘Io voglio che abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’ (Gv 10,10)”.

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