Venerdì 29 aprile, alle 18.30, al teatro ex Ideal di Ragusa sarà presentato al pubblico “Vivrò d’amore”, un volume edito dalla diocesi di Ragusa e dalla sottosezione Unitalsi di Ragusa. Raccoglie 41 foto di Vito Finocchiaro, l’artista siciliano, fotografo freelance e vincitore di Awards nazionali e internazionali che raccontano un pellegrinaggio unitalsiano a Lourdes. La prefazione è del vescovo di Ragusa, mons. Giuseppe La Placa, i testi che accompagnano le immagini sono di Carmelo Ferraro, presidente della sottosezione di Ragusa dell’Unitalsi. A presentare il volume, oltre agli autori, ci sarà suor Naike Monique Borgo, suora orsolina del Sacro Cuore di Maria. Sarà lei a dipanare il significato intrinseco dell’opera e a disegnare un pellegrinaggio interiore che dall’esperienza del dolore porta all’esperienza della grazia.
“Nel dicembre 2019 fu una mostra, allestita nell’auditorium Vincenzo Ferreri a Ragusa Ibla, a mostrare il reportage fotografico di Vito Finocchiaro che ha raccontato un pellegrinaggio dell’Unitalsi a Lourdes, viaggio durante il quale si intrecciano le vite delle persone con disabilità o ammalate e quelle dei volontari, la comune gioia nel trasformare le lacrime in sorrisi, i giorni a Lourdes, i pensieri, le preghiere, i volti capaci di diffondere il valore del dono, della sofferenza, della persona”, si legge in una nota della diocesi. “L’integrazione tra le immagini di Finocchiaro e i testi di Ferraro, il quale dà alle stesse un’intima risonanza, nonché la prefazione del vescovo ed altri interventi del Magistero che completano il book fotografico, fanno dello stesso più che un racconto del pellegrinaggio unitalsiano, di cui tuttavia si colgono gli aspetti straordinariamente umani e spirituali, un compendio sull’esperienza universale del dolore, che è di tutti, credenti e non credenti, uomini e donne ispirati dalla fede o lontani da essa, giovani ed anziani”, prosegue la nota.
Scrive mons. La Placa: “Negli ammalati e nei poveri, negli ultimi e nei dimenticati, noi vediamo e tocchiamo la carne di Cristo, povero e ammalato. Si tratta proprio di riconoscere in queste persone il Cristo sofferente che per primo si è fatto amore per noi, mostrando le sue ferite e vivendo egli stesso di quell’Amore per il quale si è fatto uomo”. “Vivere d’amore – sottolinea il vescovo – riveste un significato peculiare; vuol dire amare dello stesso Amore di Dio, di un amore totale, unico e gratuito”.