La “memoria viva della Liberazione diventa particolarmente intensa oggi in cui, in un Paese a noi vicino, l’Ucraina, la guerra, le violenze si ripetono e generano la distruzione, la morte, la fuga di milioni di persone, le cui sofferenze, le paure sperimentiamo direttamente nelle città e paesi del territorio ferrarese dove, a 3.000 ucraini già presenti in 60 giorni se ne sono aggiunti altri 2.000, soprattutto donne e bambini. Per loro la Liberazione è ancora lontana, come il ritorno a casa, la ricostruzione”. Lo ha ricordato ieri mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, in un’omelia, in occasione della festa della Liberazione. “In questo giorno non può che crescere il desiderio e il grido di pace, la cui costruzione dipende dall’impegno e dalla responsabilità di tutti. La Liberazione ci ha regalato la pace: è la pace che dobbiamo custodire con tutte le nostre forze. Fare memoria della Liberazione è un dovere”, ha aggiunto. Per il presule, “memoria del male e memoria del bene camminano insieme, come camminano insieme la memoria della guerra e la memoria della pace, degli uomini e delle donne di pace, degli uomini e delle donne della Resistenza”. All’origine di molte guerre, anche della guerra attuale in Ucraina, ha riflettuto mons. Perego, “forse c’è propria la superbia, la voglia di allargare il potere, il desiderio di opprimere i più deboli. La superbia non costruisce mai la pace, mentre la costruisce l’umiltà, il coraggio di fare un passo indietro, di riconoscere i propri errori, di difendere più che di opprimere le persone”. E Gesù, dopo la Pasqua, chiede ai suoi discepoli di annunciare a tutti, “dappertutto” il Vangelo, che “è un Vangelo di pace”. Nel “giorno della memoria della Liberazione, accanto al ricordo dei volti, dei testimoni che ci hanno regalato la libertà e la pace, ricordiamo anche le tante vittime italiane civili e militari – quasi mezzo milione – che hanno perso la vita: il loro ricordo sia per noi impegno perché ‘la democrazia ha bisogno di uomini, che si donano o si rifiutano, ma che non si vendono o non si conformano per non essere scomodati’, come scriveva don Primo Mazzolari, nel 1946. La libertà si conserva nella pace”. L’arcivescovo ha concluso: “La memoria di queste vittime ci fa gridare ancora oggi: ‘Mai più la guerra’. E chiediamo al partigiano e martire della Resistenza, il Servo di Dio Teresio Olivelli, di aiutarci a pregare: ‘Sui monti ventosi e nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare. Signore della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore’”.