Il piano del governo britannico per delocalizzare i richiedenti asilo in Ruanda deve “superare il giudizio di Dio e non lo fa. Non porta il peso della giustizia della Resurrezione, della vita che conquista la morte”. Durante l’omelia di Pasqua, a Canterbury, nella cattedrale fondata da sant’Agostino nel lontano 597, il primate anglicano Justin Welby ha criticato duramente la decisione del premier Boris Johnson e del ministro dell’interno Priti Patel di inviare nel Paese africano i migranti che tentano di entrare illegalmente in Inghilterra, attraversando la Manica con scialuppe o nascondendosi dentro camion. “Questa decisione avvantaggia i ricchi e i forti. Subappaltare le nostre responsabilità, anche a un Paese che cerca di migliorare le proprie condizioni come il Ruanda, è l’opposto della natura di Dio che si è assunto, in prima persona, la responsabilità dei nostri fallimenti”, ha detto l’arcivescovo di Canterbury. Anche l’arcivescovo di York Stephen Cottrell, il secondo per importanza nella gerarchia anglicana, ha dedicato la predica di Pasqua ai migranti e ha definito la nuova politica del governo “deprimente e angosciante”. “Dobbiamo applicare tolleranza zero alle persone che sfruttano i richiedenti asilo, non ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che hanno bisogno del nostro aiuto”. I due leader religiosi sono stati attaccati, per il loro intervento, da parlamentari conservatori e dai media vicini al governo Tory.
Anche l’Unhcr, agenzia Onu per i rifugiati, ha espresso “forte opposizione e preoccupazione per i piani di esternalizzare gli obblighi di asilo”, esortando il Regno Unito ad astenersi dal trasferire i rifugiati in Ruanda.