Siamo “assuefatti alla morte” con le “vittime ridotte a un dato matematico”, al punto da perdere “la percezione della ricchezza della vita che si nasconde dietro quei numeri”. Lo ha osservato l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, nel pontificale per la Domenica di Pasqua, facendo riferimento ai decessi giornalieri per Covid e dai bollettini di guerra. Vi sono stati certo “segnali di vita nel disorientamento di questo nostro tempo: la resilienza degli anziani, l’abnegazione dei sanitari, la forza delle famiglie nel riadattare la loro vita fino ad arrivare all’accoglienza e alla solidarietà diffusa di queste ultime settimane. Essi sono la prova che la morte non ha l’ultima parola”. Tuttavia, secondo Tisi, “anche i segnali di vita che abbiamo colto in gran parte sono caduti nell’oblio. E chi li evoca, rischia di essere accusato di ingenuo ottimismo”.
Ed è qui che si innesta la “buona notizia che il Risorto stesso, con un supplemento di dedizione e di dono, si fa carico di togliere il dubbio dagli occhi dei discepoli e li porta dall’incredulità alla fede”. “L’occhio di chi ama – ha sottolineato il presule – coglie ogni particolare al di fuori di sé; viceversa, l’occhio di chi non ama è offuscato e, pur guardando, non vede. Il grande rischio, anche per la nostra comunità credente, è di non accorgersi dei segni di vita e di cambiamento nell’oggi della storia. Come attestano anche i primi passi del cammino sinodale della nostra Chiesa, cresce, a cominciare dai giovani, la domanda di credibilità, la voglia di partecipazione e di dialogo. Sorprende la disponibilità ad investire in carità e la generosità delle nostre comunità”.
“Quando i morti da numeri passano ad essere volti, soprattutto il volto di chi ti ha amato profondamente, tu percepisci la verità della Risurrezione. Se sperimenti che nessuna morte è in grado di fermare le lacrime, il ricordo, la nostalgia di quanto ricevuto, sono sempre più convinto che è più facile trovare ragioni per dar credito alla vita dopo la morte che al suo contrario”. La “contemplazione appassionata dell’umanità di Gesù” consente di portare “a casa la terra di Dio, i suoi colori, la sua bellezza. È il mio augurio pasquale per tutta la nostra Chiesa e per l’intera comunità trentina”.