Molte persone – famiglie, gruppi parrocchiali, i sacerdoti di Terni centro, dame e cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Romei di San Michele arcangelo – hanno partecipato ieri sera alla processione del Cristo morto presieduta dal vescovo di Terni-Narni-Amelia, mons. Francesco Soddu. Presente anche il sindaco di Terni, Leonardo Latini.
Una tradizione che si rinnova, dopo i due anni di restrizioni anti Covid, con la processione aux flambeaux con la statua del Cristo morto e della Madonna addolorata, partita dalla chiesa di San Francesco, che si è snodata lungo le vie centrali della città, fino alla cattedrale.
Il vescovo ha ricordato come il momento della celebrazione del Venerdì Santo con la processione cittadina del Cristo morto e della Madonna Addolorata dia testimonianza dell’amore di Gesù, specie in questo particolare momento: “Gesù è stato obbediente all’amore che ci è stato donato, preghiamo questa sera per tutte le disobbedienze all’amore che ancora oggi vengono per perpetrate con violenza fratricida, attraverso la guerra, ma anche attraverso le piccole grandi divisioni che esistono tra di noi e nelle nostre famiglie”.
“Oggi Gesù continua ad aver sete: spetta a noi dargli l’acqua della nostra esistenza oppure l’aceto del nostro quieto vivere, della nostra arroganza, del nostro dolce far niente, tutto ciò che di negativo può albergare nel proprio cuore. Chiediamo a Maria santissima la capacità di poter sondare nelle profondità del nostro cuore della nostra vita e dare a lui l’acqua buona delle nostre sorgenti”.
Nella cattedrale di Terni mons. Soddu ha ricordato come la celebrazione della processione del Cristo morto non sia un fare il funerale a Gesù, “ma stiamo rivivendo il mistero della nostra salvezza: Cristo morto e risorto. Non bisogna dimenticare i tanti corpi che sono stato in questo periodo ammassati in fosse comuni, quelli che i mezzi di comunicazione ci hanno trasmesso, nascondendo l’efferatezza di molti altri crimini, che per dimenticanza e oblio o per trascuratezza non arrivano neanche agli onori delle cronache”.