“La pace è il dono proprio del Risorto”. Lo ricorda l’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, nel messaggio alla diocesi per le festività pasquali.
“Quando Gesù risorto appare, infatti, saluta sempre dicendo: ‘Pace a voi!’. Non si tratta del semplice saluto in uso tra gli ebrei ‘shalom’, è molto di più”, osserva l’arcivescovo, spiegando che “è una pace che è la pienezza di vita, di gioia, di amore”. “La pace – constata mons. Redaelli – o ci viene donata dal Signore o noi non siamo capaci di realizzarla e di renderla vera e stabile”. “Per i più ottimisti di noi, infatti, la storia umana – spiega – è una realtà di pace purtroppo interrotta da tanti episodi e periodi di guerra. Non dico per i più pessimisti, ma per i realisti – e mi iscrivo in questa categoria –, la storia umana è invece una lunga teoria di guerre e di conflitti, interrotta da qualche tregua più o meno lunga, che chiamiamo pace”. “Allora, Signore, ci doni o no la pace?”, domanda l’arcivescovo. “L’abbiamo chiesta, tutta la Chiesa, anche per l’intercessione di Maria, tua e nostra Madre, il 25 marzo”, prosegue mons. Redaelli: “Ma non vediamo segni di pace. Come mai? Quanta sofferenza ci deve essere ancora nel mondo? Quante guerre? Quanti morti? Quanto odio?”. “La risposta di Dio alla guerra, alla violenza, alla morte – ammonisce l’arcivescovo – non è la condanna di chi uccide e neppure l’intervento miracoloso che disarma chi uccide, ma è la croce. Si fa fatica ad accettare questo, anche perché i crocifissi continuano a moltiplicarsi nella storia, che siano i bambini, ma anche gli uomini e le donne dell’Ucraina, della Siria, dello Yemen o di qualsiasi altra guerra non importa”. “La storia – aggiunge – è una lunga via crucis, una strada con infinite croci piantate lungo i bordi. Sarà sempre così?”. Ricordando che “la vicenda di Gesù non si ferma al Venerdì Santo, ma arriva al mattino di Pasqua, la croce diventa risurrezione”, l’arcivescovo sottolinea che “la risurrezione non smentisce la croce, non la cancella: il Risorto ha le mani, i piedi e il costato piagati. Però ne svela il senso paradossale, misterioso, ma vero di vita e di amore. E questo apre alla speranza. Alla fine tutte le croci diventeranno risurrezioni”. “A primavera – commenta mons. Redaelli – non ci sono ancora i frutti, ci sono solo i germogli e non dappertutto. Alcuni campi sembrano ancora aridi; dei boschi sono ancora sconvolti dalle ultime tempeste di inverno. Ma anche lì, sotto terra, ci sono dei semi pronti a germogliare”. Per questo “auguro a tutti in questa Pasqua di essere ‘gente di primavera’. Nonostante tutto”, conclude.