“Carissimi tutti, quest’anno mi è difficile annunciarvi la gioia e la pace, mentre scorrono anche dinanzi ai miei occhi le atrocità della guerra, la morte di civili e militari in Ucraina, una guerra che diviene rappresentativa di ogni guerra o genocidio perpetrato a danno dell’umanità tutta. Da Kyiv a Mariupol, da Buča a Kharkiv, ci giunge il grido di dolore del popolo ucraino e a questo grido voglio rispondere innanzitutto gridando: Pace! Chiedo ai potenti della terra, io, povero vescovo, chiedo di far tacere le armi. Fratelli russi, ve lo chiedo in ginocchio, cessi l’attacco contro l’Ucraina!”. Inizia così il messaggio di pasqua di mons. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli.
Ricordando “immagini di bambini innocenti, trucidati per rabbia o per divertimento, di donne e di uomini seviziati e uccisi, non da una pandemia che ancora imperversa in tutto il mondo, ma dalla determinazione violenta di esseri umani, diventati disumani”, il presule desidera annunciare “la pace, non dimenticando i tanti corpi straziati dalla brutalità di chi non rispetta nemmeno la vita degli inermi”, con “nelle orecchie il rombo dell’artiglieria, di missili, di ogni sorta d’ordigno pensato per distruggere con precisione, pensato per colpire senza fallire. E a ciò si aggiunge tutto il seguito di una guerra: devastazioni di case e famiglie, dell’ambiente e dei cuori stessi sia di chi colpisce, sia di chi subisce”.
E “tuttavia io non posso non parlarvi di pace e di risurrezione in tanta sofferenza e nella generale sfiducia e stanchezza che ogni guerra diffonde negli animi; anche di quanti guardano al Risorto della domenica di Pasqua oltre che al Crocifisso del venerdì santo, di un venerdì che in questo nostro momento storico sembra non dover più passare”, afferma l’arcivescovo, che rivolge un invito: “Dobbiamo oggi più di prima essere avamposti di speranza, anche contro ogni speranza, perché noi seguaci e fratelli del Risorto non ci fermiamo, né pieghiamo la testa, né azzeriamo mai le risorse dell’anima, né di fronte a tiranni auto-costruitisi ad arte né di fronte a mestatori di violenza, motivata con la autoreferenzialità di chi dice che l’uomo non può fare a meno della guerra, non può difendersi senza le armi, non può venire a patti e fare pace con i ‘nemici’”.
E, ancora, “dobbiamo essere avamposto di dialogo e di costruzione di fraternità e di pace. Anche adesso, anche in tanto buio? Soprattutto adesso. Non c’è buio che non possa essere illuminato dall’aurora della Pasqua, perché la Pasqua è l’evento nuovo e grandioso che accade quando ogni speranza è stata distrutta oltre che dagli orribili colpi che inchiodano Gesù alla croce, dal generale senso di disfatta che ne segue in tutti i suoi discepoli”.