Stasera, in piazza San Pietro, saranno in dieci – compresi tre dei nove nipotini – a rappresentare la famiglia aperta all’accoglienza come la pensava don Oreste Benzi: senza confini e differenze tra normodotati e diversamente abili, tra famiglia naturale e famiglia affidataria, tra le diverse generazioni. “Sostenerci a vicenda è il nostro segreto”, spiega al Sir il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Paolo Ramonda, che insieme a sua moglie Tiziana e ai componenti della sua famiglia porterà la Croce nella sesta stazione, quella dove Gesù è flagellato e coronato di spine. Tre figli naturali, nove nipoti, sette ragazzi in affido, di cui cinque non autosufficienti e due con gravi difficoltà psichiche: sono i “numeri” della casa-famiglia gestita da Paolo e Tiziana a Sant’Albano di Stura, un paesino di montagna di poco più di duemila anime in provincia di Cuneo dove l’aria che si respira nella piccola “cellula” della Comunità Papa Giovanni XXIII ha “contagiato” – in oltre 40 anni, dal 1980, anno in cui Paolo e Tiziana si sono sposati – moltissime famiglie che si sono aperte all’affido, all’adozione o all’accoglienza temporanea di persone in difficoltà. Come decine di profughi dell’Ucraina, che qui come negli altri centri della Comunità sparsi in Italia hanno trovato in questi giorni un posto dove tornare a sperare per il futuro, nonostante il clamore assordante della guerra. “Essere presenti stasera alla Via Crucis presieduta da Papa Francesco – commenta Ramonda a proposito del tradizionale rito pasquale che dopo la pandemia ritorna al Colosseo – vuol dire far vedere al mondo che la vera vita umana è significativa, perché portiamo insieme i pesi degli altri. Alleviare le sofferenze vuol dire essere responsabili di una vita dignitosa per tutti”. “Non meritiamo tanta benedizione di vita”, scrivono Paolo e Tiziana nella meditazione a loro affidata, che parla di un apparente paradosso: la gioia che si prova nell’accogliere il dolore. “E’ la gioia che ci è data dalla vita insieme, dal crescere insieme, dalle piccole conquiste quotidiane”, racconta Ramonda: “la fraternità acquista un senso perché ci vogliamo bene. E questo volersi bene tra fratelli nasce proprio dalla Risurrezione di Gesù”.