Gesù “vuole stare con noi! Si fa cibo, per divenire carne della nostra carne. Quel pane e quel vino sono il nutrimento sceso dal cielo: ci aiutano a vivere come Lui viveva. Fanno sorgere in noi sentimenti di bontà, di servizio, di tenerezza, di amore e di perdono. Gli stessi sentimenti che lo portano a lavare i piedi dei discepoli, come un servo”. Lo ha detto, ieri sera, il card. Gualtiero bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, nella messa in Coena Domini, celebrata nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia.
“Il mondo educa a stare in piedi, ed esorta tutti a restarci pur di contare. Il Vangelo del Giovedì Santo è il contrario di questa mentalità. Vi do un comandamento nuovo: ‘Amatevi, come io vi ho amati’. E amarci è lavare i piedi, servirci l’uno dell’altro, come ha fatto Gesù, a partire dai più deboli, dai più poveri, dai più indifesi”, ha affermato il porporato, evidenziando che “il Giovedì Santo ci insegna come vivere e da dove iniziare a vivere: la vita vera non è quella di restare fermi nel proprio orgoglio; la vita secondo il Vangelo è piegarci verso i fratelli e le sorelle. È una via che viene dal cielo, eppure è la via più umana. Tutti, infatti, abbiamo bisogno di amicizia, di affetto, di comprensione, di accoglienza, di aiuto. Il Giovedì Santo è davvero un giorno unico: il giorno dell’amore di Gesù che scende in basso, sino ai piedi dei suoi amici. E tutti siamo suoi amici, anche chi lo sta per tradire. Per Gesù lavare i piedi non è un gesto, ma un modo di vita”.
Poi un riferimento all’attualità: “In questi giorni in cui la guerra in Ucraina sembra un incendio senza fine, riascoltiamo le parole di Papa Francesco: ‘La guerra è un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua. Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, l’amore gratuito al prossimo’. Facciamo tesoro di quanto il Santo Padre ci suggerisce”.
Il cardinale ha compiuto il rito della lavanda dei piedi. “Questa sera – ha spiegato il card. Bassetti – sono stati scelti alcuni uomini provenienti dal mondo della sanità, quale segno di ammirazione e riconoscenza verso tutti coloro che in questi ultimi due anni hanno lavorato senza sosta, fino allo stremo delle forze, in situazioni di grande pericolo personale. Essi non si sono tirati indietro dinanzi al pericolo del virus, ma hanno soccorso e curato i pazienti (io ne sono testimone) con professionalità e completa dedizione”.
E ha concluso: “Profondamente grato ai medici, agli infermieri e a tutto il personale sanitario del nostro ospedale, desidero stasera chinarmi su di loro, e con la lavanda dei piedi ringraziarli perché loro si sono chinati sui fratelli per prestare ogni cura. Il Signore, che conosce i segreti dei cuori, ricompensi ciascuno per il bene fatto, e ciò resti di esempio per le generazioni future”.