“Essere sacerdoti è, cari fratelli, una grazia, una grazia molto grande, che non è in primo luogo una grazia per noi, ma per la gente; e per il nostro popolo è un dono grande il fatto che il Signore scelga, in mezzo al suo gregge, alcuni che si occupino delle sue pecore in modo esclusivo, come padri e pastori”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa crismale, presieduta nella basilica di San Pietro. “È il Signore stesso a pagare il salario del sacerdote”, ha fatto notare Francesco: “E lui è buon pagatore, benché abbia le sue particolarità, come quella di pagare prima gli ultimi e poi i primi: è il suo stile”. Il salario del Signore, ha spiegato Francesco, “è il suo amore e il perdono incondizionato dei nostri peccati a prezzo del suo sangue versato sulla Croce. Non c’è salario maggiore dell’amicizia con Gesù: non dimenticare questo. Non c’è pace più grande del suo perdono: questo lo sappiamo tutti. Non c’è prezzo più caro di quello del suo Sangue prezioso, che non dobbiamo permettere sia disprezzato con una condotta indegna”. “Se leggiamo con il cuore – le parole rivolte ai sacerdoti – questi sono inviti del Signore ad essergli fedeli, ad esser fedeli alla sua alleanza, a lasciarci amare, a lasciarci perdonare; sono inviti non solo per noi stessi, ma anche affinché così possiamo servire, con una coscienza pulita, il santo popolo fedele di Dio. La gente lo merita e anche ne ha bisogno”.