“Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo!”, partendo “dal nostro vissuto sacerdotale e pastorale, un vissuto che ciascuno di noi ben conosce, fatto di testimonianza schietta e confortante, di provata fedeltà agli impegni assunti, di generosità nella dedizione e nel servizio ai fedeli, di passione apostolica e missionaria nell’annuncio del Vangelo a tutti, ma fatto anche dalla consapevolezza di una sfida in atto che ci interpella e ci sprona ad incamminarci più decisamente in stile sinodale sulla strada di una nuova missionarietà”. Ricordando le parole dell’Evangelii gaudium (n. 49), il vescovo di Nola, mons. Francesco Marino, così si è rivolto stamattina ai sacerdoti, in occasione della messa crismale
E ha aggiunto: “Noi non possiamo rivivere una autentica coscienza ministeriale e missionaria di Gesù se non riconosciamo – con trepidazione sì, ma anche con commozione grata e gioiosa – che l’ordinazione ci costituisce ministri dentro il popolo di Dio, servi premurosi della Parola del Signore, amministratori fedeli dei suoi misteri, dispensatori attenti e devoti dei gesti sacramentali che fanno rivivere il mistero pasquale e ne comunicano la grazia”. Mons. Marino ha precisato: “Non siamo ‘padroni’ della Parola di Dio e dei sacramenti della Chiesa. Ne siamo solo, umilmente ma straordinariamente, ‘servi’. Non lasciamoci mai prendere dall’abitudine e dall’assuefazione!”. Di qui l’invito: “Coltiviamo, invece, sempre la vigile consapevolezza che nelle nostre povere mani vengono posti i ‘misteri di Dio’, perché li possiamo comunicare ai nostri fratelli per la loro salvezza. Lasciamoci incantare, ancora una volta, dalla grandezza della nostra dignità!”. E ancora: “Riconosciamo che, come per Gesù, anche per noi la missione ha come riferimento essenziale e irrinunciabile il dono dello Spirito, sceso su di noi con l’Ordinazione. Lo Spirito Santo, infatti, come costituisce il principio della missione del Messia, così è anche il principio della missione di tutta la Chiesa e della nostra missione di presbiteri. Quest’ultima, allora, è un ‘fatto spirituale'”.
È nella docilità allo Spirito, ha concluso, “che la nostra vita di presbiteri va vissuta ogni giorno di più nella logica di quel radicalismo evangelico che trova nell’obbedienza, nella castità e nella povertà una sua espressione privilegiata e preziosa. È nella docilità allo Spirito che la nostra vita di presbiteri può e deve essere un autentico cammino di santità. L’obbedienza al ministero ‘dato’ dal vescovo può risultare talvolta non poco faticosa, ma è pur sempre liberante. Lo è perché esprime e fa maturare la libertà interiore del presbitero nel suo amore a Cristo e alla Chiesa. È questa la libertà che dobbiamo imparare da Gesù stesso”.