“Un anno fa, nel mio pellegrinaggio nel martoriato Iraq, ho potuto toccare con mano il disastro causato dalla guerra, dalla violenza fratricida e dal terrorismo, ho visto le macerie delle case e le ferite dei cuori, ma anche semi di speranza di rinascita. Mai avrei immaginato allora di veder scoppiare un anno dopo un conflitto in Europa”. Lo scrive il Papa, nell’introduzione al libro “Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace”, che esce domani in edicola con il Corriere della Sera e in libreria. Il libro – edito da Solferino e Lev – sarà presentato venerdì 29 aprile alle ore 10.30 a Roma all’Università Lumsa (Sala Giubileo – via di Porta Castello 44). Dopo i saluti del rettore Francesco Bonini, intervengono il cardinale Piero Parolin, Segretario di Stato, e Romano Prodi. Modera Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della Sera. “Fin dall’inizio del mio servizio come vescovo di Roma ho parlato della Terza guerra mondiale, dicendo che la stiamo già vivendo, anche se ancora a pezzi”, ricorda Francesco: “Quei pezzi sono diventati sempre più grandi, saldandosi tra di loro… Tante guerre sono in atto in questo momento nel mondo, che causano immane dolore, vittime innocenti, specialmente bambini. Guerre che provocano la fuga di milioni di persone, costrette a lasciare la loro terra, le loro case, le loro città distrutte per aver salva la vita. Sono le tante guerre dimenticate, che di tanto in tanto ricompaiono davanti ai nostri occhi disattenti”. “Queste guerre ci apparivano lontane”, il riferimento all’oggi: “Fino a che, ora, quasi all’improvviso, la guerra è scoppiata vicino a noi. L’Ucraina è stata aggredita e invasa. E nel conflitto a essere colpiti sono purtroppo tanti civili innocenti, tante donne, tanti bambini, tanti anziani, costretti a vivere nei rifugi scavati nel ventre della terra per sfuggire alle bombe, con famiglie che si dividono perché i mariti, i padri, i nonni rimangono a combattere, mentre le mogli, le madri e le nonne cercano rifugio dopo lunghi viaggi della speranza e varcano il confine cercando accoglienza presso altri Paesi che li ricevono con grandezza di cuore”.
“Di fronte alle immagini strazianti che vediamo ogni giorno, di fronte al grido dei bambini e delle donne, non possiamo che urlare: ‘Fermatevi!’”, l’appello del Papa: “La guerra non è la soluzione, la guerra è una pazzia, la guerra è un mostro, la guerra è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato”. “Quella a cui stiamo assistendo è l’ennesima barbarie e noi, purtroppo, abbiamo memoria corta”, la denuncia: ”Sì, perché se avessimo memoria, ricorderemmo che cosa i nostri nonni e i nostri genitori ci hanno raccontato, e avvertiremmo il bisogno di pace così come i nostri polmoni hanno bisogno d’ossigeno. La guerra stravolge tutto, è follia pura, il suo unico obiettivo è la distruzione ed essa si sviluppa e cresce proprio attraverso la distruzione e se avessimo memoria, non spenderemmo decine, centinaia di miliardi per il riarmo, per dotarci di armamenti sempre più sofisticati, per accrescere il mercato e il traffico delle armi che finiscono per uccidere bambini, donne, vecchi. Se avessimo memoria, sapremmo che la guerra, prima che arrivi al fronte, va fermata nei cuori. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza che non sia più basato sulle armi, sulla potenza delle armi, sulla deterrenza”. Al termine della sua introduzione, il Santo Padre cita don Tonino Bello, ora venerabile, che amava ripetere: i conflitti e tutte le guerre “trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti”. “Quando cancelliamo il volto dell’altro, allora possiamo far crepitare il rumore delle armi”, il commento del Papa: “Quando l’altro, il suo volto come il suo dolore, ce lo teniamo davanti agli occhi, allora non ci è permesso sfregiarne la dignità con la violenza”.