“In questo tempo in cui anche la guerra, come ha affermato Papa Francesco, continua a crocifiggere Cristo, la risposta non sta nel pacifismo vuoto, superficiale, irreale, ma nel lasciare che l’Amore raggiunga i cuori umani, per trasformare le lance in falci, la vendetta in perdono, l’odio in amore, la guerra in pace”.
Lo ha detto l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), mons. Santo Marcianò, che questa mattina, a Roma, ha celebrato la Messa crismale con circa 150 cappellani militari da tutta Italia. Di questo amore, ha aggiunto l’arcivescovo castrense, “anche i militari sono e devono essere strumento. E voi, cari cappellani, siete e dovete essere ministri di questo Amore, affinché il Padre-Amante invada i cuori dei nostri militari e di coloro che essi incontreranno”. Nell’omelia mons. Marcianò, guardando al dramma della pandemia e della guerra che ha travolto la Russia e l’Ucraina, l’Europa e il mondo, ha parlato di “globalizzazione del dolore”: “Dinanzi all’abisso del dolore umano, come Cristo e in Lui, il prete non può tirarsi indietro né sottrarre il volto”. In un tempo in cui “la vocazione del presbitero è spesso sfigurata da orribili scandali e dallo scandalo della superficialità o della mediocrità – ha sottolineato l’arcivescovo castrense – il Volto di Cristo Sacerdote, crocifisso ogni giorno nell’umanità trafitta dal dolore, dalla disumanità della guerra, dall’enigma della morte, ci offre la possibilità di rinnovare il ‘sì’ alla promessa per ri-trovare, in Lui, il nostro vero volto”. Per rispondere alla globalizzazione del dolore, ha poi aggiunto, “serve una sinodalità nel dolore. Non possiamo farcela da soli! Noi preti, chiamati, come Gesù, ad assumere il dolore umano, non possiamo farcela da soli. Serve la comunione, serve una sorta di sinodalità presbiterale – che non è escludente e nulla ha a che vedere con quello che il Papa chiama clericalismo! – ma è fraternità forte e generativa, lievito di sinodalità nella Chiesa e nel mondo; è frutto dello Spirito Santo!”.