Il presidente della Colombia Iván Duque si è presentato ieri, a pochi mesi dalla scadenza del suo mandato, di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per presentare i progressi nell’applicazione dell’Accordo di pace del 2016. Il presidente ha parlato di “pace nella legalità” e ha presentato i dati dell’implementazione dell’accordo rispetto al reinserimento sociale degli ex combattenti, alla riparazione delle vittime, allo sminamento dei territori, alla riforma rurale.
#AEstaHora intervenimos ante el Consejo de Seguridad de @ONU_es y presentamos los avances en la implementación de la #PazConLegalidad en: reincorporación, reparación integral a víctimas, #PDET, desminado, seguridad, sustitución de cultivos, desarrollo rural y enfoque de género. pic.twitter.com/mfDfattwhX
— Iván Duque ?? (@IvanDuque) April 12, 2022
Non sono mancate, però, critiche da parte dei rappresentanti dei Paesi presenti nel Consiglio di sicurezza, mentre nel Paese cresce la domanda di chiarezza rispetto alla recente uccisione di 11 indigeni da parte dell’Esercito, nel dipartimento del Putumayo, perché ritenuti guerriglieri della dissidenza Farc. Tesi smentita dalla popolazione locale e dallo stesso vescovo del vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, mons. Joaquín Humberto Pinzón, che ha voluto celebrare i funerali delle vittime. Sul fatto, denunciato anche dal Sir la scorsa settimana, c’è stata in Colombia un’inchiesta del network giornalistico Caracol. Ieri, in occasione della sessione al Consiglio di sicurezza, il capo della missione Onu in Colombia, Carlos Ruiz Massieu, ha chiesto ufficialmente che le autorità colombiane diano vita a un’inchiesta sull’accaduto, sottolineando anche il permanere di atti di violenza (uccisioni, sfollamenti forzati, reclutamento di minori) contro la popolazione civile, soprattutto contro le comunità indigene e afro. Il capo missione ha dunque espresso che “il consolidamento della pace” non deve far minimizzare la violenza e i passi ancora da compiere, mentre si avvicina il termine di luglio, entro il quale la Commissione della Verità è chiamata a presentare il suo rapporto finale, che si annuncia dirompente per la società colombiana.
La continuación de este sufrimiento en las mismas comunidades que fueron más victimizadas durante décadas de conflicto exige urgentemente la plena implementación del Acuerdo de Paz. #UNSC pic.twitter.com/7WdmX1i3bi
— Carlos Ruiz Massieu (@CGRuizMassieu) April 12, 2022
Preoccupazioni, durante l’audizione di Duque, sono state espresse da Gran Bretagna, Francia e Norvegia. In particolare, la Francia ha chiesto che ci sia certezza del fatto che “il processo di pace è irreversibile” e la Norvegia ha chiesto di appoggiare il lavoro della Commissione della Verità, presieduta dal gesuita Francisco De Roux.
“Potremmo fornire migliaia di dati per dimostrare che il presidente Iván Duque ha posto fine all’integralità dell’Accordo di pace in violazione degli impegni statali assunti, adempiendo solo le parti che lui e il suo partito al governo trovano accettabili – sostiene il gesuita Javier Giraldo, tra i fondatori dell’Istituto Cinep -. Ma sottoponiamo un solo fatto alla considerazione pubblica. Secondo la Missione di verifica delle Nazioni Unite, 315 firmatari della pace sono stati uccisi dalla firma dell’Accordo di pace, 241 durante il mandato di questo Governo e 27 sono scomparsi. 43 omicidi di leader sociali hanno avuto luogo solo nei primi tre mesi di quest’anno”. Intanto, in riferimento all’uccisione degli 11 indigeni da parte dell’Esercito, “continua la protesta a livello nazionale per una vicenda che fa riemergere la pagina oscura dei cosiddetti ‘falsi positivi’. Per esempio, decine di studenti dell’Università Javeriana, nei giorni scorsi hanno bloccato centralissima carrera 7 della capitale sventolando manifesti e cartelloni, chiedendo giustizia per la morte dei leader sociali e indigeni”, fa notare Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani. Una denuncia, finora, “minimizzata dal Governo”.