Lo schema di Dpcm che fissa le regole della piattaforma per la raccolta online delle firme per referendum e progetti di legge risulta “attualmente privo di adeguate tutele per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini”. È il parere che il Garante per la protezione dei dati personali ha reso al ministero per l’Innovazione tecnologica. “L’Autorità – si legge in una nota – ritiene che siano troppi i profili critici emersi dall’esame di un provvedimento che incide su istituti di democrazia diretta costituzionalmente garantiti, quali appunto i referendum”. “La piattaforma per la raccolta delle firme – viene osservato – è una infrastruttura complessa, composta da un’area pubblica (che consente la consultazione delle proposte referendarie e delle proposte di legge popolare) e da un’area privata, a cui possono accedere il personale dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, i promotori e i cittadini che intendono sottoscrivere le proposte”. “Secondo la Costituzione e la legge sul referendum – prosegue il Garante – il trattamento dei dati dei sottoscrittori compete ad alcuni soggetti (promotori, partiti politici, ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, Camera alla quale viene presentata la proposta di legge) ai quali l’ordinamento conferisce funzioni delicate e costituzionalmente garantite (raccolta dei dati personali dei sottoscrittori, verifica della loro iscrizione nelle liste elettorali, deposito delle firme autenticate etc.)”. “Il Dpcm contempla invece l’intervento di ulteriori soggetti”, precisa l’Autorità, che li elenca: “il gestore della piattaforma, ossia una persona giuridica individuata dalla Presidenza del Consiglio, per ora del tutto indeterminata, e la Presidenza del Consiglio stessa, chiamata a realizzare la piattaforma e, seppure solo fino all’attivazione delle utenze dell’Ufficio centrale per il referendum, a inserire i dati dei cittadini che sottoscrivono il referendum e abilitare l’accesso dei promotori. Al gestore della piattaforma, inoltre, è demandato l’intero sviluppo tecnologico dell’infrastruttura, i cui profili tecnici saranno contenuti in un manuale operativo (redatto dallo stesso gestore), che non verrà sottoposto all’esame del Garante e del ministero della Giustizia”. Secondo il Garante, “tale rinvio al manuale operativo – da predisporsi da parte di un soggetto non ancora identificato e senza il coinvolgimento del Garante ai fini della valutazione di una serie di aspetti che avrebbero dovuto essere disciplinati nel Dpcm – è incompatibile con la lettera e lo spirito della legge e non offre adeguate garanzie di protezione dei dati personali riguardo a profili essenziali del funzionamento della piattaforma”.
Il Garante, conclude la nota, “poiché lo schema di Dpcm necessita di una profonda revisione del testo, non ha potuto esprimere parere favorevole e ha indicato al ministero una dettagliata serie di condizioni e osservazioni alle quali attenersi, al fine di scongiurare il rischio che si verifichino trattamenti non conformi di dati”.