“Il ritorno alla pace sarà di breve durata e del tutto illusorio, se non ci sarà un vero cambiamento del cuore e delle coscienze”. Lo ha scritto il vescovo di Albenga-Imperia, mons. Guglielmo Borghetti, nel messaggio alla diocesi per le festività pasquali.
“La sfolgorante luce della Risurrezione del Signore illumina i sentieri bui della nostra attualità”, osserva il presule, per il quale “gli scenari di guerra presenti nel mondo inquietano le nostre coscienze e ci fanno toccare con mano come il cuore dell’uomo sia restio a piegarsi al bene accogliendo il Principe della pace che è Cristo Risorto”.
“In questi giorni in cui atrocità d’ogni genere accompagnano i nostri pasti, balzando fuori dal televisore o inondando le prime pagine dei quotidiani, i nostri tablet e cellulari, sicuramente ci siamo chiesti: ‘Perché? Com’è possibile?’”, prosegue mons. Borghetti, notando che “le altre volte, mi riferisco ad altre guerre, più lontane (?), non avevamo visto che qualche rapido servizio di un inviato speciale; una cosa veloce; ora c’è una vera e propria presa diretta prolungata che ci permette di considerare ogni aspetto e ogni brutalità. Eppure di guerre ve ne sono state e ce ne sono tante”. “L’attuale conflitto russo-ucraino è spaventoso, fa cadere i veli su ciò che l’uomo è capace di fare al suo simile; l’uomo sembra non cambiare mai, per questo ci interroghiamo con angoscia e apprensione”, aggiunge il vescovo, secondo cui “la guerra origina dal cuore dell’uomo. È l’uomo che uccide, e non la pietra o la fionda e neppure le sue armi più sofisticate! L’origine dei conflitti è nella sregolatezza del cuore, della coscienza”. “La guerra – ribadisce – nasce davvero nel cuore dell’uomo che pecca: nel cuore dell’uomo che si allontana da Dio e, per conseguenza, dal fratello: nella coscienza dell’uomo in cui la gelosia e la violenza si sono impadronite del suo cuore, come mostra con chiarezza la vicenda di Caino e Abele all’alba della storia umana”. Per mons. Borghetti “se gli attuali sistemi generati dall’uomo si rivelano incapaci di assicurare la pace significa che è il ‘cuore’ dell’uomo che deve essere rinnovato per rinnovare poi i sistemi, le istituzioni e i metodi. La fede cristiana ha una parola precisa per indicare il rinnovamento radicale del cuore: la ‘conversione’”. “È il Risorto che fa nuove tutte le cose e rende nuovo il cuore dell’uomo”, sottolinea il vescovo, certo che “ogni scelta di ripudio del peccato produrrà un avanzamento nella costruzione della città della pace. Se siamo ancora quelli della pietra e della fionda – ammonisce – significa che il cuore non è convertito, Dio è lontano, Gesù Cristo un estraneo! Le strategie per la pace o partono da qui o non partono proprio”.