Secondo la Conferenza episcopale colombiana (Cec) le regioni periferiche del Paese, in particolare il dipartimento del Chocó, a occidente, e dell’Arauca, a oriente, “richiedono un’attenzione speciale e un piano urgente”. Lo afferma, in un’intervista al quotidiano “El Tiempo”, mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, attualmente incaricato dei rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato colombiano e rappresentante della Cec davanti al Consiglio nazionale della pace.
Mons. Henao, che qualche settimana fa ha cessato di coordinare il segretariato di Pastorale sociale, dopo oltre 25 anni, spiega che questa realtà “è stata riferita al Papa” e che “della gravissima situazione nelle regioni si sta discutendo anche nel nostro ciclo di incontri con i candidati alla presidenza della Repubblica, rilanciando quanto ci dice la Chiesa delle regioni. Trasferiamo queste denunce ai candidati per esortare: per favore, tenete conto nelle vostre agende della situazione delle regioni più povere e più colpite dalla violenza”.
Facendo riferimento, in particolare, a quanto accade nel Chocó e alla mancata risposta del Governo alle denunce del vescovo di Quibdó, mons. Juan Carlos Barreto, sui legami tra paramilitari e settori della forza pubblica, l’incaricato per i rapporti con lo Stato colombiano afferma: “Sono andato con il presidente della Cec, mons. Rueda, e con altri vescovi a Quibdó. Lì mons. Rueda ha stabilito una posizione molto chiara, dicendo che le denunce non possono essere prese alla leggera. Si sta denunciando una realtà che non si può nascondere, ovvero che in queste zone del Paese si stanno verificando situazioni molto gravi”.
Mons. Henao denuncia anche la nuova ondata di casi di sfollamento forzato (desplazamiento, in spagnolo) tra le popolazioni di diverse regioni: “Gli sfollamenti erano diminuiti di intensità, il fenomeno in passato ha avuto dei grandi picchi, ma ora è ancora una volta tornato a un livello molto preoccupante. È in aumento e ha a che fare, in parte, con la disputa sul controllo del territorio e le rotte del narcotraffico; ma anche, in molti casi, con la necessità di mettere a tacere popolazioni che potrebbero trasmettere informazioni alle organizzazioni internazionali e alle stesse autorità sulle difficili situazioni in cui vivono”.