“Nelle parole oggi di Papa Francesco ho sentito che siamo stati ascoltati. Le scuse che abbiamo ricevuto oggi sono assolutamente storiche e assolutamente significative per molte persone. Queste parole aprono delle porte che ci permettono oggi di proseguire il nostro percorso di guarigione e continuare a lottare per mettere in atto azioni. E Papa Francesco lo ha capito quando dice che ogni vero progresso di guarigione richiede azioni concrete”.
Lo ha detto chief Cassidy Caron del Métis National Council nel media briefing che è stata organizzata oggi pomeriggio a Roma subito dopo l’udienza questa mattina delle delegazioni dei popoli Inuit, Metis e First Nations, con Papa Francesco. “Tutte le cose che abbiamo detto al Papa in questi giorni sono frutto di ore passate ad ascoltare i nostri sopravvissuti”, ha raccontato chief Caron. “Le scuse che abbiamo ricevuto sono un passo significativo in avanti ma c’è molto lavoro che deve essere fatto e azioni che devono essere avviate”.
“Oggi è stato il giorno che abbiamo atteso da tempo”, ha detto chief Gerald Antoine della Assemblea delle First Nations. “Accettiamo le sue scuse come gesto di buona fede. Ha detto che verrà nella nostra casa e che visiterà le nostre famiglie per chiedere formalmente perdono a tutti i membri delle nostre famiglie. Questo è un giorno per noi speciale”. “Siamo qui come messaggeri e torneremo a casa per condividere quello che abbiamo ascoltato qui e quello che abbiamo sperimentato”.
Anche Natan Obed, presidente dell’Inuit Tapiriit Kanatami si è detto “toccato dal modo in cui il Papa ha espresso il suo dolore e anche il modo in cui ha condannato le azioni della Chiesa. C’è ancora molto da fare – ha aggiunto – e le scuse sono solo una parte di un quadro più ampio”. In questi giorni, i delegati hanno avuto incontri privati con il Santo Padre e anche con altri rappresentanti della Santa Sede ed hanno avuto quindi la possibilità di parlare di “cosa la Chiesa cattolica deve ancora fare per assicurare verità e giustizia riguardo al ruolo che ha avuto nelle scuole residenziali in Canada. Molti inuit sono andati in queste scuole residenziali e molti inuit sono stati abusati e hanno subito un trauma”, ha detto Obed. A Roma, gli inuit hanno anche sollevato il caso di un prete, Johannes Rivoire, accusato di abusi ai danni di bambini nelle comunità locali. Il sacerdote in questione ha vissuto in Canada dai primi anni Sessanta fino al 1993, anno del suo ritorno in Francia. “Siamo qui anche per chiedere la sua estradizione in Canada”, ha detto Obed.