Ucraina: Elena dalla cattedrale di Odessa, “le donne qui sono come tutte quelle del mondo, forti e coraggiose”

(Foto chiesa greco-cattolica ucraina)

“Le donne in Ucraina sono come tutte le donne del mondo. Forti e coraggiose, ma anche no. C’è chi decide di rimanere e chi di partire per mettere al sicuro i propri figli. Ma non cedono alla disperazione”. È la voce di Elena, segretaria del vescovo cattolico di Odessa, a parlare delle donne ucraine nel giorno in cui il mondo le celebra. Consacrata laica, preferisce non dare il cognome. “Non voglio diventare un eroe”, si difende. “A volte la paura arriva, ma la maggior parte del tempo mi sento tranquilla perché restare qui ad Odessa è frutto di una scelta”, racconta. “Prima avevo paura e non sapevo se dovevo andarmene o rimanere. Avevo posti in cui potevo essere ospitata, da amici o anche dai miei parenti che vivono all’estero. Mi chiedevo, cosa faccio? Ma poi ho deciso di rimanere, perfettamente cosciente delle conseguenze di questa scelta. Non l’ho fatto per senso patriottico ma come parte della Chiesa. Ho detto: se la Chiesa rimane qui, allora rimango anch’io. E la Chiesa qui, in Ucraina, è un segno della presenza di Dio in questa terra e in questo momento. Mi viene in mente la figura del buon pastore che dà la sua vita”. Elena si è trasferita in questi giorni nella cattedrale dell’Assunzione di Maria dove lavora in ufficio: riceve lettere, prepara i documenti, coordina gli arrivi degli aiuti umanitari ma soprattutto accoglie quanti – e sono tanti – chiedono aiuto. La situazione ad Odessa oggi è tranquilla, “almeno per il momento”. “Ieri ci hanno colpito con 8 bombe e una è caduta vicino ad una nostra parrocchia. Stanno prendendo di mira soprattutto obiettivi militari. Fino a che regge la difesa a Mykolaiv, noi siamo tranquilli, però queste bombe ci preoccupano. Arrivano dal mare dove ci sono le navi russe e dalla Crimea”. La tensione è forte. “La città è vuota. Si vede ogni tanto qualcuno camminare. Non si riesce a capire se la gente si è nascosta dentro le cantine e nei rifugi”, racconta Elena. “Tantissimi comunque sono partiti. Oggi per esempio hanno organizzato due treni per trasportare gratuitamente le persone verso l’Ovest. La gente non sa cosa fare, se nascondersi dentro i rifugi e aspettare oppure mettersi in viaggio ma è pericoloso. La gente è molto impaurita”. Da Kherson, città della diocesi di Odessa, ora sotto il controllo delle forze russa, non si hanno più notizie. Le comunicazioni, sia Internet sia di rete mobile, sono state disconnesse. I sacerdoti invece di Odessa così come il vescovo sono rimasti tutti in città come pure tutte le parrocchie della città sono rimaste aperte. Sono diventate punti di distribuzione degli aiuti umanitari, medicine, cibi, aiuti che arrivano da Leopoli. “Hanno detto – dice Elena – che rimarranno qui fino alla fine”.

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