Otto marzo: Patriarca (Anla), “le donne ucraine le più esposte a violenze fisiche e morali, vittime da sempre dei crimini di guerra più efferati”

“In questo periodo faticoso e stressato, che ottunde la speranza e rattrappisce i cuori, anche quest’anno, celebriamo la festa della donna”. E “il primo pensiero va a tutte le donne che negli anni della pandemia, sul lavoro in particolare, hanno pagato più degli uomini”. È quanto riflette presidente nazionale di Anla, Edoardo Patriarca, in occasione della Giornata internazionale della donna 2022. “Il tempo della uguaglianza di genere in Italia ha le lancette dell’orologio quasi ferme, un ritardo culturale grave, infarcito di stereotipi e di una male-intesa concezione di tutela e protezione che riduce le donne ad una ‘categoria svantaggiata’ o a un ‘settore’ delle politiche sociali, assieme a infanzia e anzianità – riflette Patriarca -. Un paradosso davvero, una furbizia travestita di progressismo: le donne sono la metà del genere umano e del nostro Paese, non sono una categoria, sono portatrici di diritti come garantisce tra l’altro la nostra Costituzione”. Tra i diritti negati, e comunque non sempre esigibili, ci stanno “il diritto al lavoro e all’autonomia economica e il diritto a non essere soverchiate dall’attività di cura, pur preziosa. Perché un Paese a misura di donna, con più servizi educativi per l’infanzia, con un tempo pieno scolastico diffuso, con più servizi per la cura di anziani e persone non autosufficienti, più conciliante tra vita familiare e lavoro, sarà un paese meno povero, più solidale, più sostenibile, più ‘occupato’. Più umano”.
Ma in questo 8 marzo, prosegue il presidente di Anla, “non possiamo non ricordare – riportare al cuore – le donne ucraine la cui condizione diventa ogni giorno sempre più drammatica sotto i bombardamenti senza sosta dell’esercito russo. Come in ogni conflitto sono loro ad essere le più esposte a violenze fisiche e morali, vittime da sempre dei crimini di guerra più efferati. Donne che fino a pochi giorni fa erano madri, lavoratrici, professioniste, impegnate nel volontariato e nella cultura e che oggi sono costrette ad imbracciare, se necessario, anche un fucile. O a portare in salvo anziani e bambini su rotte incerte e insicure, senza avere un approdo e una accoglienza certa per sé e per i propri cari. Un pensiero anche alle donne russe, giovani e anziane, che sfidano gli arresti e i pestaggi della polizia durante le proteste contro l’invasione e per chiedere la pace”.
Patriarca conclude: “È una guerra tra uomini, come sempre è stato, incapaci e violenti, tanto orgogliosi e supponenti da non riuscire a intavolare una trattativa in tempi brevi. E guarda caso… tavoli che non vedono neppure una donna presente”.

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