“Dal 7 marzo del 1996 la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali è diventata un’opportunità di impegno responsabile per il bene comune. La dimensione etica dei percorsi scaturiti dalle esperienze di riutilizzo per finalità sociali si trova, infatti, nella corresponsabilità che ha trasformato quei beni da esclusivi a beni comuni e condivisi. Raccontare quello che avviene ogni giorno sui beni confiscati alle mafie vuol dire raccontare il cambiamento che giorno dopo giorno si costruisce, con l’obiettivo di dare vita a nuove pratiche di economia e di sviluppo sostenibile”. Lo afferma Libera, in occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie e della diffusione della ricerca “Fattiperbene”.
Complessivamente, secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 25 febbraio 2022), “sono 19.002 i beni immobili (particelle catastali) destinati ai sensi del Codice antimafia e sono invece in totale 22.238 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sono invece 1.649 le aziende destinate mentre sono 3449 quelle ancora in gestione”. Nel periodo Covid “aumentano i sequestri e le confische”. Secondo i dati del Ministero dell’Interno dell’agosto 2021, sono stati “8.785 i sequestri (valore 1.905 milioni di euro) nel periodo agosto 2020-luglio 2021, +49% rispetto anno precedente (agosto 2019-luglio 2020) mentre le confische sono state 4.246 (valore 1.731 milioni di euro) con +136% rispetto anno precedente”. Inoltre, secondo la Relazione Ministero della Giustizia al 30 giugno 2021, “i procedimenti relativi alle misure di prevenzione patrimoniali, inseriti in Banca dati centrale (Bdc) sin dal 1997, risultano essere 10.500, con un incremento di 498 unità rispetto ai 10.002 rilevati al 30 giugno 2020. I dati evidenziano la prevalenza di procedimenti iscritti da uffici appartenenti all’area meridionale cui – negli anni 2019/2021 – appare riconducibile il 44% dei 1.194 procedimenti rilevati a livello nazionale. Tale percentuale sale al 66%, ove si tenga conto anche dell’area insulare, cui contribuisce in materia determinante la Sicilia e, in particolare, il distretto di Palermo”. Si noti, peraltro, come nell’ultimo triennio l’incidenza dell’area settentrionale sia decisamente aumentata, toccando il 25% (quando il dato storico dell’intera Bdc si ferma al 16%), superando la percentuale dell’area delle Isole (al 21,6% nell’ultimo triennio).
Nel dettaglio, “nel triennio 2019-2021 sono stati iscritti 246 nuovi procedimenti in Sicilia, 218 in Calabria, 184 in Campania. Rilevanti anche le iscrizioni in Lombardia (115), in Puglia (86) ed in Piemonte (74). I distretti giudiziari di Reggio Calabria (166), Napoli (164) e Palermo (152) risultano quelli con il numero maggiore di nuovi procedimenti iscritti nel triennio. Nell’area centro nord, invece, il maggior numero di iscrizioni si registra per i distretti di Milano (91), Torino (74), Bologna (55) e Roma (49)”.