Quanto deciso giovedì dalle delegazioni russa e ucraina con la prospettiva di rivedersi in questo week end “non è molto ma non è poco, considerato anche che il livello delle due delegazioni sta crescendo. E questo farebbe pensare che i due Paesi puntano sulla trattativa, ci si impegnano”. C’è però “la realtà del campo di battaglia, dove gli scontri proseguono, i morti continuano ad aumentare”. Così Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, tratteggia lo stato del conflitto tra Russia e Ucraina. Il giornalista mette in evidenza questi “due piani che sembrano in certi momenti completamente scollegati tra loro”. “Da una parte – spiega – ci sono le trattative”, attraverso le quali, nel secondo incontro dell’altro ieri, le delegazioni “hanno deciso di stabilire i corridoi umanitari per far defluire la popolazione intrappolata nelle zone in cui si combatte e hanno deciso di rivedersi a breve termine. Dall’altro “c’è la realtà del campo di battaglia, dove nessuno vuole mollare per ragioni che paiono abbastanza chiare: Putin vuole tornare a casa con dei risultati dopo essersi lanciato in un’impresa folle, una specie di all-in con cui o vince tutto o perde tutto; l’Ucraina, invece, deve resistere il più possibile nella speranza che la pressione internazionale, le sanzioni, le perdite russe sul campo di battaglia infiacchiscano la volontà dell’occupante russo”.
Scaglione invita a “fare attenzione alla strategia russa: in questi giorni si è parlato di Putin che avrebbe voluto una guerra lampo, opzione fallita per la resistenza degli ucraini”. Ma “comincio a dubitare che l’idea della guerra lampo fosse il principio ispiratore di questa missione folle decisa da Putin. E, nel caso lo fosse stata, “comincio a pensare che non lo sia più. Guardando la cartina delle operazioni russe si vede un piano di accerchiamento preciso, che punta ai gangli vitali dell’Ucraina, le sue città industriali, i suoi porti, le centrali nucleari, e persino l’approvvigionamento idrico visto che è stato riaperto il canale che porta le acque del Dnepr alla Crimea”. “Come se – osserva – tutto questo fosse il preludio ad un’occupazione vera e propria. Come se ci fosse un piano per un territorio già conquistato. Il che farebbe pensare che questa non sia o non sia più una guerra lampo fallita, ma un progetto di occupazione definitiva”.