Si è svolto ieri l’incontro tra la Ministra della Giustizia Marta Cartabia e la Portavoce del Forum del Terzo Settore Vanessa Pallucchi, accompagnata da una delegazione del tavolo di lavoro sulle Persone private della libertà. “Un incontro molto positivo – dichiara Vanessa Pallucchi – nel quale abbiamo potuto condividere con la Ministra un tema a noi molto caro che è quello della giustizia riparativa e della diffusione di un ‘cultura riparativa’, dove la sicurezza è il risultato di relazioni fondate sul rispetto della dignità umana.” Il Terzo settore, per sua natura e per le competenze maturate negli anni, è il soggetto in grado di attuare, insieme alle istituzioni, quei percorsi di solidarietà, prevenzione, benessere, attenzione ai bisogni che la riforma della giustizia prevede, sia per quel che riguarda i processi di prevenzione che per la reintegrazione di quei soggetti coinvolti in percorsi di devianza. Ci sono molte organizzazioni sociali già impegnate direttamente nell’inserimento e nel reinserimento di persone private della libertà, o anche indirettamente, attraverso l’ospitalità, all’interno delle proprie attività, di persone coinvolte da procedimenti penali. “Da parte della Ministra – prosegue la Portavoce – abbiamo riscontrato una grande attenzione e il riconoscimento, anche nel processo di rinnovamento del sistema giudiziario, del fondamentale e concreto ruolo che il Terzo settore svolge in questo ambito. Si tratta di un approccio fortemente innovativo per il nostro Paese e di un cambiamento di prospettiva davvero importante”. Durante l’incontro si è discusso anche del Protocollo di Intesa che Ministero e Forum stanno per firmare per l’applicazione della legge 67 del 2014, in particolare per i lavori di pubblica utilità. Tutte le organizzazioni del Terzo settore potranno interagire con i Tribunali e con gli Uffici interdistrettuali di esecuzione penale esterna (Uiepe) per favorire, soprattutto, il recupero delle persone in attesa di giudizio – considerate di bassa pericolosità sociale – consentendo loro percorsi alternativi al carcere attraverso l’inserimento in lavori socialmente utili, che tengano conto anche delle loro competenze ed esperienze.