Una guerra di distruzione totale con bombardamenti a tappeto da cielo, terra e mare. 200mila soldati russi sono entrati nel Paese e in questi 34 giorni di conflitto sono stati lanciati 1.300 razzi. Sono alcuni numeri citati da S. B. Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, per descrivere il mese di guerra in Ucraina. Intervenendo questo pomeriggio ad un incontro organizzato dal Pontificio Istituto Orientale, l’arcivescovo maggiore di Kiev ha fatto “il punto” sulla situazione oggi in Ucraina, elencando le zone più critiche e le città martiri. “Kharkiv, a 40 chilometri dalla Russia, è stata rasa al suolo. Tutti i monumenti e gli edifici storici sono stati distrutti”. Anche Chernihiv è stata rasa al suolo. Sono senza luce e riscaldamento e la distruzione del ponte impedisce l’arrivo degli aiuti umanitari e i corridoi umanitari. A Mariupol, città martire, diventata famosa per le immagini di distruzioni a tappeto, si sono buttati i corpi di civili dentro le fosse comuni. “Ma oggi non c’è più nessuno da seppellire”, ha detto l’arcivescovo che poi ha denunciato: “Vengono chiesti 1.000 dollari per prendere una macchina e uscire fuori dalla città. Sono venuti anche per spogliarci”. Nel Donbass invece è in atto una vera e propria deportazione forzata. Le persone vengono deportate in Russia con la forza, i loro passaporti vengono confiscati, gli vengono rilasciati documenti temporanei. “È quello che accadeva durante il periodo di Stalin”, ha ricordato Shevchuk. La stessa cosa sta accadendo oggi sul suolo ucraino. Ieri l’arcivescovo ha parlato con il primo ministro ucraino che si è detto molto preoccupato del fatto che a causa della guerra l’Ucraina ha perso il 50% della sua economica. “Vuol dire – ha decretato l’arcivescovo – che il mese di aprile per noi sarà difficilissimo”. Ed ha concluso: “Non c’è giustificazione a questa guerra”.