Lavoro: Cei,”troppi morti sul lavoro”, “non possono essere dimenticati i disoccupati e coloro che sono arrivati al punto di togliersi la vita”

“La Chiesa che è in Italia non può distogliere lo sguardo dai contesti di elevato rischio per la salute e per la stessa vita alle quali sono esposti tanti lavoratori. I tanti, troppi, morti sul lavoro ce lo ricordano ogni giorno. È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza”. E’ l’appello contenuto nel Messaggio della Cei per il 1° maggio, in cui si parte dall’analisi del momento presente: “Viviamo una stagione complessa, segnata ancora dagli effetti della pandemia e dalla guerra in Ucraina, in cui il lavoro continua a preoccupare la società civile e le famiglie, e impegna ad un discernimento che si traduca in proposte di solidarietà e di tutela delle situazioni di maggiore precarietà. Le conseguenze della crisi economica gravano sulle spalle dei giovani, delle donne, dei disoccupati, dei precari, in un contesto in cui alle difficoltà strutturali si aggiunge un peggioramento della qualità del lavoro”. “La vera ricchezza sono le persone”, scrivono i vescovi citando Papa Francesco: “senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa, non c’è economia. La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore”. “Il nostro primo pensiero va, in particolare, a chi ha perso la vita nel compimento di una professione che costituiva il suo impegno quotidiano, l’espressione della sua dignità e della sua creatività, e anche alle famiglie che non hanno visto far ritorno a casa chi, con il proprio lavoro, le sosteneva amorevolmente”, si legge ancora nel messaggio: “Così come non possono essere dimenticati tutti coloro che sono rimasti all’improvviso disoccupati e, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. La nostra preghiera, la fiducia nel Signore amante della vita e la nostra solidarietà siano il segno di una comunità che s ‘piangere con chi piange’ e di una società che sa prendersi cura di chi, all’improvviso, è stato privato di affetti e di sicurezza economica”.

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