“Tutto è fermo tranne che la guerra”. Così Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, sintetizza la fase attuale dell’invasione russa in Ucraina arrivata ormai al trentunesimo giorno. “La guerra avanza”, osserva il giornalista: “Gli ucraini hanno sicuramente ottenuto qualche risultato a nord di Kiev allentando la pressione sulla città. E questo non è poco, perché per chi si difende conquistare tempo vuol dire rafforzare le difese. Dall’altro lato, è indubbio che i russi lentamente e macchinosamente stanno ottenendo il risultato che cercavano nella parte est e in quella sud del Paese, ‘allargando’ il Donbass a dismisura inglobando Mariupol e forse anche Odessa. Un progetto che pian piano si sta realizzando”. “Dal punto di vista diplomatico – aggiunge – non si fa un progresso”. “La visita di Biden in Europa è stata l’occasione per ribadire un’intenzione già molto chiara: isolare la Russia, aiutare l’Ucraina… Non mi sembra ci siano state novità significative”. Dalle rispettive posizioni nessuno pare volersi muovere e “a tutti gli incontri diplomatici c’è il convitato di pietra, la Cina, di cui tutti si chiedono cosa voglia fare”, prosegue Scaglione, evidenziando che “al momento pare essere fallito il tentativo di staccarla dalla Russia. Non partecipa alle sanzioni. Non prende le distanze da Mosca, anzi quando deve dire qualcosa accusa gli Stati Uniti di essere colpevoli per aver creato l’attuale situazione”. Per il giornalista “c’è anche una lezione in tutto questo: per quel che si capisce – spiega – il Novecento è proprio finito. Il secolo in cui gli Stati Uniti potevano dettare la linea sostanzialmente al mondo è finito”. Cina, Turchia, India… “Anche in questa situazione così essenziale – rileva – ci sono molti Paesi che si prendono margini di autonomia che anche solo 30 anni fa erano impensabili”. “Il mondo è drasticamente cambiato – prosegue – e non si è ancora trovato un nuovo punto di equilibrio”; se “la Cina non pare pronta a giocare su un piano globale, al momento si pone come un interlocutore potente che lavora per sé”, in questa crisi “si sente profondamente l’assenza di un’Europa politica che ha una posizione comune. Se avesse una politica estera comune potrebbe essere un elemento equilibratore nell’attuale contesto”. Per Scaglione “sarebbe questo il momento in cui dovrebbe prendere quota il discorso sull’esercito europeo, pensando ad uno strumento di difesa europeo. Invece se ne parlava di più prima mentre in questi giorni tutti i Paesi hanno annunciato l’acquisto di nuove armi. E, come ha detto Papa Francesco, è una cosa folle”.
Relativamente alla notizia secondo cui soldati i russi starebbero ricevendo l’indicazione che la guerra debba finire entro il 9 maggio, Scaglione ritiene che “possa essere vero se a quella data Putin potrà andare in piazza e vantare qualche forma di vittoria. Ma il 9 maggio è lontano, vorrebbe dire un altro mese abbondante di guerra e, se continua a procedere così, non so dopo 75 giorni di combattimento cosa potremo ancora ritrovare da un lato e dall’altro della barricata”. “L’auspicio è che il 9 maggio sia una data per eccesso, che si smetta molto prima questa follia”. “Bisogna fare tutti gli sforzi per fare tacere le armi, solo che le posizioni sono ancora troppo distanti e c’è un’intransigenza reciproca violentissima”. Alla domanda se il continuare da parte dell’Occidente ad isolare Putin non finisca per renderlo più pericoloso, Scaglione risponde: “Non voglio credere che la Russia ricorrerà a mezzi estremi, si esporrebbe a ritorsioni – che arriverebbero – enormi. Piuttosto rende Putin più determinato a perseguire i suoi obiettivi con la guerra, anche perché ormai è l’unica leva che ha a disposizione per trattare con l’Occidente”.