“Fin dall’inizio del suo pontificato, piano piano, con il suo stile umile, la sua vicinanza verso i poveri, il papa ha conquistato la stima del popolo ucraino. Adesso, ancora di più”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, il vescovo ausiliare di Kiev- Žytomyr, mons. Oleksandr Jazlowechi, parla dell’invito ad andare a Kiev, rivolto ieri dal presidente Volodymyr Zelensky al Papa. “Non penso che sia possibile”, dice. “E’ da un anno che stiamo invitando il Papa e stiamo pregando per questa intenzione. Però non è il caso di invitare adesso il Papa. Non abbiamo tanti Santi Padri, ne abbiamo solo uno. Anche il card. Krajewsky non è riuscito ad arrivare qui. Aveva detto che sarebbe arrivato più in là possibile ma si è fermato dopo Leopoli ed è dovuto tornare indietro. Quello a cui noi teniamo di più è la sicurezza di Papa Francesco. Ci sono palazzi e strade distrutte, tanti militari. Anche radunare la gente è pericoloso. I russi purtroppo non si fermano di fronte a nulla. Abbiamo paura a radunare in parrocchia le persone, nel timore che possa arrivare giù qualcosa in ogni momento. Le sirene suonano in tutta l’Ucraina, quasi tutto il giorno e tutta la notte. Bisogna nascondersi. E radunare la gente per salutare il Santo Padre non è possibile in questo momento. Ho sentito che il nostro ambasciatore ha detto che sarebbe bello accogliere papa Francesco ma per i russi non esiste Santità. Non ci sono né santi e né chiese per loro”. Da quando è scoppiata la guerra, non c’è stata domenica che il Papa non abbia fatto un appello per l’Ucraina. “Questi appelli – dice il vescovo ausiliare – sono importanti non solo per i cattolici ma anche per tutto il popolo ucraino, per gli ortodossi, i non credenti. Ogni gesto di amicizia, ogni gesto di supporto, ogni Paese che esprime la sua vicinanza, è apprezzato. Il Santo Padre è stato fin da subito molto chiaro nella sua posizione, esprimendo in maniera inequivocabile come lui vede questa guerra. Ed è quindi molto apprezzato. Ma lo era anche prima della guerra, non solo adesso”.