“Ogni anno durante la Quaresima siamo invitati ad una celebrazione che si qualifica come preludio tanto del Venerdì Santo, quanto della Pasqua. È la Giornata dei missionari martiri, giorno di preghiera e di digiuno, come la Celebratio Passionis Domini, in cui viviamo e metabolizziamo la morte, il sacrificio, la crudeltà e la sofferenza che attanagliano questo mondo e la sua gente. Ma anche giorno di festa, di resurrezione, di assunzione della consapevolezza che l’epilogo della vita umana non è che una fase transitoria”. Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani, introduce così, sul sito della Fondazione Missio, la giornata di domani. “Missio Giovani, erede del Movimento giovanile missionario che propose, per la prima volta nel 1991, la celebrazione della Giornata alle Chiese in Italia, si fa promotrice di una imperdibile occasione di ascolto verso le donne e gli uomini che spendono la propria vita per la causa del Vangelo”, afferma Rocca. La scelta della data non è casuale; il 24 marzo del 1980, infatti, mons. Oscar Romero veniva assassinato a San Salvador da militari suoi connazionali, fedeli al regime.
“La voce dei martiri, che è Voce del Verbo, del Dio fattosi uomo per manifestare la sua vicinanza alla fragilità della vita, diventa da sempre seme, germoglio per le comunità cristiane”. Per questa 30ma edizione della Giornata “abbiamo voluto sottolineare proprio l’aspetto della voce. Sono diverse le ragioni che ci hanno condotto a questa riflessione: oltre all’evidente e già sottolineata attenzione che vogliamo porre sui popoli che subiscono martirio, dei quali il missionario è chiamato a farsi portavoce e amplificatore, c’è anche una dimensione legata al silenzio nella morte che vorremmo scardinare. Infatti, se la morte, così come quotidianamente la viviamo, è spesso accompagnata dal silenzio e dal dolore ci sono situazioni in cui non è così. Pensiamo ad esempio ai conflitti armati, alle persecuzioni, alla criminalità, al terrorismo, fenomeni che si muovono, che strisciano nel silenzio, per sfociare poi nelle bombe e nelle grida di chi le subisce. Questo rumore assordante non fa altro che sovrastare quella voce, già fioca e intimorita di chi è oppresso”.
“Ma c’è un’altra morte che fa rumore, è quella di Cristo inchiodato alla croce, emblema del martirio che scuote la terra, che disordina gli equilibri del potere, che distrugge il tempio del male per edificare quello dell’uguaglianza e della libertà dei figli di Dio. Anche quando il sepolcro è murato, quella voce, che è eco della voce creatrice del Padre, non tace. Continua a plasmare il mondo e, in un’esplosione di luce, lo risorge, gli ridona vita nuova. Il missionario martire non giace nella tomba ma è più vivo che mai nelle donne e negli uomini che hanno ascoltato dalla sua voce la Buona Notizia di Gesù”.