“Stiamo entrando nel tempo forte della Quaresima, tempo in cui rimettere al centro la sfida di un nuovo ‘esodo’ da vivere. Un tempo, come ebbe a dire il caro don Tonino Bello, che ci coinvolge ‘dalla testa ai piedi’. Dall’imposizione delle ceneri, infatti, alla lavanda dei piedi siamo invitati a camminare in profondità di vita, sapendo declinare la fede per discernere la presenza del Signore che parla ai nostri cuori”. Lo scrive l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, in un messaggio per la Quaresima.
“Le tragiche giornate che il mondo sta vivendo intorno alla vicenda dell’Ucraina – osserva – dicono quanto l’umanità non sappia cogliere il valore e il dono che è ogni essere umano. Del resto, i profughi morti alle frontiere ne sono stati un triste presagio. Spesso interpretiamo l’esistere come ‘rapina’, prepotenza, sopraffazione. Tutto questo è frutto di un’alleanza tradita, di una logica di peccato che rifiuta Dio e il fratello come compagni di viaggio. Si cade spesso nell’illusione che autoreferenzialità e autodeterminazione siano le strade più semplici e più giuste per realizzare quel sogno di pienezza, di pace e di felicità che alberga nel cuore di ciascuno. Fermiamoci, come ci ha chiesto il Papa, in una particolare giornata di digiuno e preghiera per l’Ucraina”.
Anche “l’emergenza lavorativa bussa alle porte dei nostri territori e delle nostre case, richiedendo da parte di tutti maggiore attenzione. Con la Caritas diocesana andiamo individuando strade opportune per meglio esprimere la nostra solidarietà riguardo a tali situazioni drammatiche”.
La Quaresima, per l’arcivescovo, “diviene appello urgente a disfarci dell’uomo vecchio per rivestirci dell’uomo nuovo, che in Cristo, morto e risorto, trova la sua configurazione più autentica. Ritornare a essere umani è l’invito seminato nelle pieghe di questi quaranta giorni di cammino. Non si tratta semplicemente di un processo di socializzazione, ma di un percorso di fede. Saper ritrovare il progetto primigenio sulla nostra umanità nasce da uno sguardo limpido che, solo guardando in alto, sa riscoprire le ragioni della dignità di sé e dell’altro. Guardare a Cristo, posto in alto sulla croce, guarisce sguardi e cuori ricchi di idolatria, restituendo alla vita la consapevolezza dell’amore grande e senza misura di Gesù, in cui crescere e maturare per ridare all’umano la sua bellezza cristallina”.
Di qui l’invito: “Torniamo a Cristo, non attraverso scelte moralistiche, ma mediante un’autentica conversione del cuore. Torniamo al Suo amore liberante ed esigente, che, nella logica del dono e del noi, attesta quello stile conformante al Vangelo con cui affrontare le sfide di ogni giorno”.
“Dopo due anni dolorosi per tutti, che ci hanno piegato nell’intimo, oggi siamo chiamati a rialzarci con fiducia sapendo fare tesoro di quanto abbiamo imparato, rilanciando quei valori relazionali che intessono la trama di un vivere sociale ed ecclesiale”, conclude mons. Satriano.