“Il rito delle ceneri, che riceviamo sul capo, vuole sottrarci all’abbaglio di anteporre la ricompensa presso gli uomini alla ricompensa presso il Padre”. Lo spiega il Papa, nell’omelia della Messa presieduta nella basilica di Santa Sabina dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che ha letto il testo. “Questo segno austero, che ci porta a riflettere sulla caducità della nostra condizione umana, è come una medicina dal sapore amaro ma efficace per curare la malattia dell’apparenza”, precisa Francesco, secondo il quale l’apparenza è “una malattia spirituale, che schiavizza la persona, portandola a diventare dipendente dall’ammirazione altrui”. “È una vera e propria schiavitù degli occhi e della mente, che induce a vivere all’insegna della vanagloria, per cui quel che conta non è la pulizia del cuore, ma l’ammirazione della gente”, prosegue il Papa: “non lo sguardo di Dio su di noi, ma come ci guardano gli altri. E non si può vivere bene accontentandosi di questa ricompensa”. “Il guaio è che questa malattia dell’apparenza insidia anche gli ambiti più sacri”, il monito di Francesco: “È su questo che Gesù insiste oggi: anche la preghiera, la carità e il digiuno possono diventare autoreferenziali. In ogni gesto, anche nel più bello, può nascondersi il tarlo dell’autocompiacimento. Allora il cuore non è completamente libero, perché non cerca l’amore per il Padre e per i fratelli, ma l’approvazione umana, l’applauso della gente, la propria gloria. E tutto può diventare una sorta di finzione nei confronti di Dio, di sé stessi e degli altri”.