“Non lasciamoci prendere dalla fretta, stiamo in silenzio davanti a Lui”. Così il Papa, nell’omelia letta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella basilica di Santa Sabina, si sofferma sul significato della prima tra le tre pratiche quaresimali tradizionali: la preghiera. “Riscopriamo l’essenzialità feconda del dialogo intimo con il Signore”, la raccomandazione: “Perché Dio non gradisce le cose appariscenti; ama invece lasciarsi trovare nel segreto. È la segretezza dell’amore, lontana da ogni ostentazione e da toni eclatanti”. “Se la preghiera è vera, non può che tradursi in carità”, prosegue Francesco: “E la carità ci libera dalla schiavitù peggiore, quella da noi stessi. La carità quaresimale, purificata dalle ceneri, ci riporta all’essenziale, all’intima gioia che c’è nel donare. L’elemosina, fatta lontano dai riflettori, dà pace e speranza al cuore. Ci svela la bellezza del dare che diventa un ricevere e così permette di scoprire un segreto prezioso: donare fa gioire il cuore più che ricevere”. Infine, il digiuno, che “non è una dieta, anzi ci libera dall’autoreferenzialità della ricerca ossessiva del benessere fisico, per aiutarci a tenere in forma non il corpo, ma lo spirito. Il digiuno ci riporta a dare il giusto valore alle cose. In modo concreto, ci ricorda che la vita non va sottomessa alla scena passeggera di questo mondo. E il digiuno non va ristretto solo al cibo: specialmente in Quaresima si deve digiunare da ciò che ci dà una certa dipendenza. Ognuno ci pensi, per fare un digiuno che incida veramente nella sua vita concreta”.