“Oggi la guerra in Ucraina rende imperativo per ogni europeo, cristiano o no, credente o no, l’impegno per una vera pace”. Lo ha detto il card. Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, prendendo la parola questa mattina a Bratislava alla sessione di apertura delle Giornate Sociali Cattoliche Europee che fino a domenica 20 marzo, riuniranno circa 300 partecipanti delegati dalle Conferenze Episcopali d’Europa. Le Giornate Sociali Europee Cattoliche – ammette subito il cardinale – erano inizialmente previste per esplorare nuovi inizi in Europa subito dopo la pandemia di Covid-19. Ma proprio in questi giorni è scoppiata la guerra in Ucraina, e il card. Czerny e il card. Krajewski sono stati inviati da papa Francesco in Polonia, Ungheria e Slovacchia, per portare la presenza del Santo Padre a fianco di questo popolo duramente provato. “Ho visto la guerra in un altro modo: negli occhi degli sfollati e dei disperati, nelle storie personali e familiari bruscamente travolte”, racconta il prefetto. “Persone che sono fisicamente vive ma la cui vita è finita violentemente. È un abbaglio avallare la guerra come valida risposta a qualsiasi situazione di squilibrio o di tensione. Molto spesso, dietro la logica ufficiale della guerra come opzione efficace, ragionevole o inevitabile, si nascondono intenzioni illegittime e sordidi secondi fini, come ambizioni egemoniche, abusi di potere e pregiudizi etnici, razziali o religiosi”. Mezzo secolo fa, argomenta il prefetto, Gaudium et Spes spiegava “la pace è una responsabilità che appartiene all’intera famiglia umana, chiamata a diventare ‘famiglia di Dio’”. E “il frequente invito di papa Francesco alla fraternità si fonda su questa convinzione: tutta l’umanità, dai singoli agli Stati e alle entità multinazionali, deve dirigere la storia verso la realizzazione della pace. Questo è un obiettivo per tutti, anche se acquista una particolare importanza per i cristiani”. E’ qui che il card. Czerny pronuncia parole durissime contro il ricorso alla violenza. “Ogni guerra deve essere vista come un fallimento della politica e, come diceva san Giovanni Paolo, ‘una sconfitta per l’umanità’, perché, come scrive Francesco, lascia il nostro mondo peggiore di prima”. Il cardinale propone alcune domande per “le nostre coscienze”: “in che modo noi, come cittadini cristiani o non cristiani, laici, clero e gerarchia, contribuiamo alla pace in Europa? Stiamo mostrando amore per il prossimo? Stiamo influenzando anche l’Unione Europea, la Nato e i governi nazionali a farlo? Al contrario, come abbiamo contribuito – e continuiamo a contribuire – alla guerra in Europa? Tale esame di coscienza invita a meditare sulla storia violenta del 20° secolo e dei primi 20 anni del 21°. Il vocabolario e il pensiero di un simile esame si trovano in Fratelli tutti”. Il discorso termina rilanciando l’appello di Francesco all’Angelus di domenica 13 marzo: “In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!”.