(da Bratislava) “Il conflitto militare nella nostra vicinanza ha colpito profondamente le nostre vite e le nostre menti e anime. Proviamo tristezza e rabbia alla vista delle vittime innocenti della guerra, proviamo paura e apprensione per il futuro, ma allo stesso tempo ci chiediamo cosa possiamo fare in questa situazione, come e con cosa possiamo aiutare”. Con un pensiero agli ucraini in fuga dalla guerra si è aperta questa mattina a Bratislava la terza edizione delle Giornate sociali cattoliche europee e a rivolgerlo è stata Zuzana Čaputová, presidente della Repubblica di Slovacchia. “Abbiamo dato per scontate la pace, la sicurezza e la tranquillità come parte della nostra vita quotidiana” ha detto. “Oggi ci troviamo di fronte alla consapevolezza che la vita di milioni di persone può cambiare in poche ore. E che il mondo può diventare un posto peggiore in cui vivere in un istante. In questa nuova situazione, ognuno di noi è alla ricerca del proprio ruolo, della propria missione. Questo vale per noi politici e anche per voi, comunità religiose”. La Slovacchia si trova al confine con l’Ucraina ed è quindi in prima linea, insieme agli altri Paesi confinanti come Polonia, Ungheria e Moldavia, nella prima accoglienza dei profughi in fuga. “In questo momento – conferma la presidente – ci concentriamo sull’aiuto, la solidarietà e la compassione per i sofferenti, i rifugiati e i perseguitati. Sono orgogliosa che anche in Slovacchia si sia alzata un’enorme ondata di solidarietà per gli ucraini che cercano sicurezza da noi”. La presidente ha quindi colto l’occasione delle Giornate sociali europee per ringraziare i “molti volontari, sia slovacchi che ucraini”, le varie organizzazioni cattoliche in prima linea per dare aiuto, ma “anche ai loro genitori, insegnanti, catechisti e clero che pazientemente guidano i giovani verso la solidarietà, la comprensione e un autentico amore per il prossimo. Improvvisamente possiamo vedere che, data la potenziale lunghezza e gravità del conflitto, la nostra disponibilità ad aiutare non può essere una questione di euforia momentanea, ma un processo a lungo termine in cui non dobbiamo perdere la pazienza e l’umiltà”. Ed ha concluso: “Come ci ricorda il Santo Padre Francesco nella sua enciclica Fratelli Tutti, siamo una comunità mondiale che naviga nella stessa barca, dove la sofferenza di uno provoca danni a tutti, e nessuno può salvarsi da solo; possiamo salvarci solo insieme”.