“Per l’Italia la prima emergenza è quella della cultura e dell’istruzione; si tratta di un’emergenza che rischia di condizionare il futuro del Paese”. Attorno a questa convinzione mons. Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia, ha costruito la propria lectio magistralis “La cultura come mezzo di riscatto dei popoli” al Collegio Ghislieri di Pavia, invitato dall’Associazione Alunni in occasione del 450° della morte del Papa fondatore del Ghislieri, San Pio V.
Massimo biografo vivente di Paolo VI, Sapienza ha ricollegato le proprie parole a quelle pronunziate nel 1966 da Papa Montini durante un incontro con gli studenti del Ghislieri, in Vaticano. In quella circostanza, Paolo VI aveva definito i ghisleriani “eletta aristocrazia dell’ingegno e dell’amore alla scienza”, come mons. Sapienza non ha mancato di ricordare. Il suo intervento è stato preceduto da quelli del presidente della Fondazione Ghislieri, Gian Arturo Ferrari, e del rettore del Collegio, Alessandro Maranesi.
Citando il presidente Mattarella: “La cultura non è il superfluo, è l’elemento costitutivo dell’identità italiana”, mons. Sapienza ha elogiato “la cultura quale unico bene che, condiviso, aumenta”. “Eppure”, ha spiegato, “la scuola spesso risulta inadeguata alle esigenze dei giovani e della società, e la capacità di leggere con discernimento viene acquisita fuori dalla scuola o addirittura nonostante la scuola. L’università ha, inoltre, il dovere di non utilizzare la cultura in maniera propagandistica, privilegiando autori allo scopo di scartarne altri”.
Un pensiero è andato anche alla guerra: “Trovo impressionanti le immagini dall’Ucraina, con la gente che cerca di mettere in salvo opere d’arte e sacre. Ma se l’assenza di cultura facilita le dittature, anche in uno stato libero sussistono molti condizionamenti che vogliono costringerci alla superficialità, ad avere poche idee. Solo la cultura è strumento di convivenza pacifica”.