“La cosiddetta cultura del benessere cerca di rimuovere la realtà della morte, ma in maniera drammatica la pandemia del coronavirus l’ha rimessa in evidenza”. Lo ha fatto notare il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata a San Giuseppe, patrono della buona morte. “Terribile, la morte era dappertutto, e tanti fratelli e sorelle hanno perduto persone care senza poter stare vicino a loro, e questo ha reso la morte ancora più dura da accettare e da elaborare”, ha proseguito Francesco, che ha raccontato a braccio: “Mi diceva un’infermiera che era davanti a una donna che col Covid stava morendo, ‘io vorrei salutare i i mei prima di andarmene0. L’infermiera coraggiosa ha preso il telefonino e l’ha collegato: la tenerezza di quel congedo”. “Nonostante ciò, si cerca in tutti i modi di allontanare il pensiero della nostra finitudine, illudendosi così di togliere alla morte il suo potere e scacciare il timore”, il grido d’allarme del Papa: “Ma la fede cristiana non è un modo per esorcizzare la paura della morte, piuttosto ci aiuta ad affrontarla”. “Prima o poi tutti o poi andremo davanti a quella porta”, ha detto ancora a braccio: “La vera luce che illumina il mistero della morte viene dalla risurrezione di Cristo”. Come scrive San Paolo, “se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede”. “C’è un certezza”, il commento a braccio: “Cristo è resuscitato, è risorto, è vivo per noi e questa è la luce che ci aspetta dietro quella porta oscura della morte”.