“Un testo normativo, che legittimi la compartecipazione al suicidio di un essere umano, non lascia spazio ad alcuna approvazione. Né, di per sé, lo si può considerare ineluttabile in ragione dell’invito a legiferare della Consulta”. Lo afferma Alberto Gambino, presidente dell’associazione “Scienza & Vita”, in un articolo pubblicato oggi su L’Osservatore Romano riguardo al disegno di legge italiano sulla morte medicalmente assistita. Secondo il giurista, “il testo ora all’esame della Camera anziché far valere una prospettiva solidaristico-relazionale verso i problemi del fine vita scivola in una rigida procedimentalizzazione di protocolli di risoluzione di quei problemi, orientata a procurare la morte del paziente”. “La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata”, ribadisce Gambino prendendo a prestito le parole usate anche oggi da Papa Francesco, nel corso dell’udienza generale. Il ddl in questione, in pratica, “ribalta la prospettiva della Corte costituzionale trasformando l’aiuto al suicidio in una sorta di pratica sanitaria inclusa nei livelli ordinari di assistenza. Il che impone (come indicato nel ddl) la previsione dell’obiezione di coscienza per il personale sanitario; previsione, che, peraltro, appare lacunosa e indebitamente parziale”. “Un coinvolgimento diretto e capillare delle strutture sanitarie aprirebbe a veri e propri protocolli e prassi mediche di enorme impatto sulla percezione collettiva”, il grido d’allarme di Gambino, secondo il quale “non può tacersi, in questo senso, l’inquietudine che tutto ciò finisca per rappresentare una spinta verso scelte esiziali drammatiche ed esito di solitudine esistenziale, che certamente non è nelle intenzioni degli stessi proponenti del ddl”.