“La schiavitù non è solo essere costretti a lavorare tante ore ma significa sottostare agli ordini del padrone a qualsiasi ora”. Così Marco Omizzolo, sociologo dell’Eurispes e docente della Sapienza Università di Roma, durante il convegno sulla schiavitù moderna oggi a Roma. L’esperto ha raccontato la sua esperienza a diretto contatto con i braccianti dell’agro pontino, dove ha vissuto le stesse negazioni dei diritti. “Parliamo – ha affermato – di un sistema di sfruttamento pienamente inserito nel capitalismo contemporaneo. La schiavitù, dal mio punto di vista, significa vedere espropriati i diritti della propria cultura o identità. Non puoi essere ciò che sei, compresa la tua fede. Non puoi essere la donna e l’uomo che sei sempre stato ma devi essere, secondo il padrone, ‘braccia alle mie dipendenze’. A volte significa essere ribattezzati. Può sembrare cosa da poco ma è anche questo un processo antropologico culturale da considerare”. In Italia, in particolare, secondo il sociologo, “possiamo iniziare a parlare di schiavitù contrattualizzata. È un elemento di assoluta umiliazione anche solo per chi la vive temporaneamente come è successo a me. Parliamo di numeri limitati: in Italia sono 450mila persone che vivono in uno stato di disagio abitativo e di sfruttamento, di queste, sono 180mila quelle che vivono forme di schiavitù quotidiana. È una forma organizzata sulla base di filiere politiche che hanno il compito di tutelare gli interessi padronali. Conosco padroni che fatturano 20-30 milioni di euro l’anno eppure pagano 50 centesimi l’ora i braccianti”. “Grazie all’impegno del sindacato a Latina – ha concluso – abbiamo tradotto i contratti di lavoro, le convenzioni sui diritti umani. Siamo entrati in profondità per conoscere la storia del percorso di ognuno e sviluppare il livello di coscienza collettiva”.