“Ho guardato quotidianamente il Mediterraneo e da esso mi sono sentito interrogato. Il mar Mediterraneo è inquietante perché è il più grande cimitero liquido. Contemporaneamente è una piattaforma di intrecci”. Così l’arcivescovo emerito di Agrigento, il card. Francesco Montenegro, durante il convegno sulla schiavitù moderna in corso oggi alla pontificia università Gregoriana. Il cardinale ricorda la sua esperienza in particolare riguardo agli sbarchi di migranti che hanno interessato l’isola di Lampedusa. “Per chi arriva dal continente africano – afferma Montenegro – è già l’inizio di un Nord migliore. Mentre c’è chi abitando al Nord guarda al continente africano come a un luogo pericoloso. Per fortuna su quel mare galleggia il coraggio, l’intraprendenza, la audacia e la fame di futuro di chi è disposto a lottare”. Il cardinal Montenegro sottolinea però l’importanza delle migrazioni: “Il Mediterraneo è un laboratorio indispensabile e interessante. Quando sono i popoli a muoversi niente resta come prima. Cambia il modo del lavoro, la scuola, le famiglie, le città. È la storia tutta a cambiare. È il momento di fare il salto di qualità. Sarà possibile se si sarà convinti se e quando sarà centrale il valore dell’uomo e se si avrà la consapevolezza che forniamo la comunità umana. Il Mediterraneo lo ha insegnato. È una sfida e potrà essere il laboratorio di una Europea e un mondo nuovo per costruire una pace vera e un altro mondo possibile. Le religioni possono aiutare le società a guardare le migrazioni come un evento e non un fatto di cronaca. Il cammino delle religioni procede a una velocità ancora bassa rispetto alla storia. I segnali di allarme ci sono, la schiavitù che ritorna, la fame che è diventata l’odiata compagna”.