“C’era un’atmosfera favorevole alla decisione di Putin ma forse non ci si aspettava che Putin decidesse proprio adesso”. Così il giornalista Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, ha commentato in un’intervista al Sir l’ultimo atto dell’escalation militare tra Russia e Ucraina. Ieri Putin ha prima annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, e poi ordinato l’invio di truppe nel Donbass con lo scopo di “assicurare la pace” nella regione, fortemente caratterizzata dalla presenza russofona.
“È da tempo che certe forze politiche russe premevano in questa direzione”, spiega il giornalista: “Gli accordi di Minsk erano morti da tempo; ed erano questi accordi che, in qualche modo, frenavano questo provvedimento”. Secondo Scaglione, “dopo il passo di ieri non necessariamente lo spazio per la diplomazia si è chiuso o ridotto. Certo le cose si fanno più complicate”. E adesso? Sul fronte russo è possibile che Putin “ora che ha riconosciuto le repubbliche nel Donbass si fermi qui e aspetti di vedere qual è la reazione dell’Occidente, perché una reazione ci sarà. Una volta misurata, deciderà se andare avanti con le trattative diplomatiche o fare altri passi”. Ma può essere anche che “una volta consolidato il controllo del Donbass, Mosca potrebbe tentare di prendere qualcos’altro, per esempio il porto di Mariupol” o “la città industriale di Charkiv”. “Ma, dovendo scommettere, propenderei per l’ipotesi che ora Putin si ferma e guarda cosa succede per poi decidere l’eventuale nuova mossa”, sottolinea il giornalista. In ogni caso “ci saranno sicuramente delle sanzioni, qualcosa arriverà”, prosegue Scaglione: “Bisognerà vedere quanto l’Occidente penserà di poter ancora giocarsi sul piano diplomatico, e questo dovrebbe un po’ moderare le sanzioni per non bruciare i contatti. Ma lo sviluppo della crisi dipende anche dalle divisioni interne all’Occidente stesso. È inutile nascondersi la realtà: questa crisi riguarda primariamente Russia e Stati Uniti ma si svolge – fino all’eventualità dei combattimenti – in Europa. Siamo noi europei quelli che avremmo con qualunque esito i danni e le difficoltà maggiori”. L’Europa e l’Italia cosa rischiano? “È stato proprio Mario Draghi – risponde Scaglione – a far capire che mettersi a sanzionare il comparto energetico della Russia con un’Europa che importa il 41% del proprio fabbisogno di gas proprio dalla Russia forse sarebbe un’idea che danneggerebbe più i sanzionatori che i sanzionati”.