L’Italia rischia di rimanere ferma ai blocchi di partenza nella ricerca clinica. Il Regolamento europeo sulla sperimentazione clinica – che migliora e snellisce le norme necessarie a studiare nuovi medicinali – entrato in vigore il 31 gennaio 2022, non potrà essere pienamente operativo da subito a causa della mancata realizzazione dei decreti che riguardano appunto lo sviluppo dei nuovi farmaci da parte delle imprese. Ad affermarlo in una nota è Farmindustria, evidenziando che “questo riduce la competitività del nostro Paese per la ricerca e sviluppo, che invece – come sottolineato di recente dal presidente del Consiglio, Mario Draghi – ‘deve essere al centro della crescita dell’Italia'”. Secondo un’indagine Farmindustria – con la partecipazione di un campione rappresentativo composto da 34 imprese impegnate in ricerca clinica – su 396 studi clinici da avviare nel 2022, 86 saranno svolti secondo la nuova normativa comunitaria e quindi rischiano di essere effettuati in altri Paesi in assenza dell’adozione delle nuove regole. Questo significherà “meno pazienti che avranno l’opportunità di entrare in uno studio con trattamenti ai più alti livelli di innovatività, meno crescita professionale dei ricercatori e di tutto il personale coinvolto, meno investimenti delle imprese nei centri clinici e quindi a favore del Ssn”. Secondo le stime del Laboratorio sul management delle sperimentazioni cliniche di Altems, se non partissero gli 86 studi si perderebbero investimenti tra i 75,5 e i 93,6 milioni di euro, pari al contributo totale dato dalle imprese ai centri clinici attraverso la fornitura gratuita dei farmaci ai pazienti coinvolti e la copertura dei costi connessi ai trials. Problemi cui si aggiungerebbero la perdita di competitività nel panorama europeo e una più bassa capacità di attrarre finanziamenti per nuovi studi in Italia anche in futuro. L’Italia, conclude Farmindustria, “ha un ruolo di primo piano nella R&S clinica”. Ruolo “che vogliamo mantenere e sviluppare per diventare ancora di più un punto di riferimento europeo. Ecco perché l’emanazione dei decreti attuativi è un ‘must’ per evitare di percorrere una strada sempre più in salita rispetto ai competitor internazionali”.