“Questa festa era chiamata un tempo ‘candelora’. Per me rimane, ancora oggi, colmo di fascino il momento in cui ognuno nella celebrazione ha nelle mani una piccola candela e ci si passa l’un l’altro l’accensione e la chiesa diventa uno sciame di luci. Ci rimanga negli occhi questo passare di luci, non importa se piccole, fanno la bellezza del mondo”. Lo ha detto, oggi, mons. Mimmo Battaglia, nella celebrazione in cattedrale per la festa della Presentazione di Gesù al Tempio e Giornata mondiale della vita consacrata, oltre che primo anniversario del suo ingresso come pastore della diocesi partenopea. “In fondo – si è chiesto il presule – che cos’è la Chiesa, se non una comunità in cui la luce dell’amore, della fede, della speranza non viene trattenuta o nascosta ma condivisa, donata, mano a mano, attraverso i passaggi quotidiani della prossimità, del camminare l’uno accanto all’altro? E cos’è un presbiterio o una comunità religiosa, se non una fraternità capace di custodire la luce evangelica e di vegliare affinché mai si spenga la sua fiamma tra le mani e nei cuori della gente, dei fedeli, dei poveri, dei piccoli”.
Mons. Battaglia ha poi allargato lo sguardo: “Viviamo un momento delicato in cui non è scontato pensare il futuro come ricostruzione, rinnovamento, in cui non è scontato rendersi conto che non sarà semplicemente un riprendere a fare le cose di prima. Sappiamo che le nostre comunità sono segnate dal disagio lavorativo, economico, sociale. È una sfida grande per la Chiesa, un tempo in cui fare esperienza nuova dell’amore di Dio che non viene meno e a cui rispondere concretamente oggi, con il nostro sì. Anche nel cammino pastorale c’è una trasformazione da operare, prima di tutto in termini di disponibilità al cambiamento, ad una conversione da vivere nella trasparenza delle scelte, nelle finalità condivise”. Secondo l’arcivescovo, “questo tempo ha fatto emergere con più evidenza tutte le problematiche pastorali, teologiche e spirituali con cui la Chiesa si confronta da decenni. Spesso sento ripetere: è tutta colpa della pandemia. La pandemia di colpe ne ha e tante, ma non diamo alla pandemia colpe che non ha”. Di qui l’invito: “Chiediamoci insieme come proporre un nuovo incontro con il Vangelo, come aiutare a superare le rassegnazioni, a riconoscere i passi possibili insieme, a rinnovare il tessuto comunitario delle nostre parrocchie mettendo al centro la Parola di Dio e vivendo la bellezza dell’Eucarestia; lasciandoci guidare dalla Sua luce. I fedeli vanno cercati uno per uno, con discrezione, ma anche con delicatezza, premura, attenzione sincera. Abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza delle relazioni all’interno delle nostre comunità”.