Povertà educativa: Caritas e uffici scolastici diocesi Toscana, per il 69% dei docenti la pandemia ha aumentato significativamente le disuguaglianze

Al tema della povertà educativa i ricercatori di Caritas Toscana hanno dedicato un’indagine specifica realizzata in collaborazione con gli uffici scolastici di tutte le diocesi della Regione che ha coinvolto 581 insegnanti di religione di quasi tutta la Toscana. Dalla ricerca, presentata oggi, emerge un quadro decisamente allarmante: per il 69% dei docenti intervistati, infatti, la pandemia ha aumentato in modo significativo le disuguaglianze fra gli studenti toscani (quota che alle scuole superiori sale addirittura al 76%) a causa soprattutto dell’incremento della povertà e del disagio economico delle famiglie (54%) che si riverbera sulle disuguaglianze nell’accesso ai dispositivi informatici (50,6) ma anche, complici le restrizioni, nella riduzione degli stimoli esterni alla scuola (43%) con il conseguente aumentato rischio di esclusione dei soggetti più fragili (48%). Tanti i campanelli d’allarme: oltre un terzo degli intervistati (36%) ha detto di aver notato un aumento significativo delle assenze dal lockdown in poi e quasi i quattro quinti (77%) conosce almeno uno studente che non ha potuto seguire le lezioni a distanza. Il combinato disposto di queste tensioni, ha finito inevitabilmente per impattare sui progetti futuri dei ragazzi: il 17,6% dei docenti che hanno partecipato all’indagine, infatti, ritiene che gli studenti abbiano cambiato idea rispetto alle decisioni da prendere per l’immediato futuro, tutti concentrati nelle fasce d’età più alte delle scuole superiori, quelle in cui si cominciano a fare scelte che orientano i percorsi di vita. Al riguardo c’è anche chi ha deciso di approfondire gli studi legati al digitale (23% di coloro che hanno cambiato i progetti futuri) e chi si sta orientando verso un percorso di studi legato alle professioni socio-sanitarie (31%). Preoccupa, però, quel 36% di studenti che, invece, ha fatto sapere di aver rinunciato all’iscrizione all’università, preferendo un inserimento immediato nel mondo del lavoro e, soprattutto, quel 31% che stava addirittura valutando di lasciare la scuola e andare a lavorare per aiutare la famiglia in difficoltà.

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