“Il celibato è un dono che la Chiesa latina custodisce, ma è un dono che per essere vissuto come santificazione necessita di relazioni sane, di rapporti di vera stima e vero bene che trovano la loro radice in Cristo”. A ribadirlo è stato il Papa, nel discorso di apertura del Simposio internazionale “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”, promosso dal card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e dal Centro di Ricerca e di Antropologia delle Vocazioni, in corso in Aula Paolo VI fino al 19 febbraio. “Senza amici e senza preghiera il celibato può diventare un peso insopportabile e una contro-testimonianza alla bellezza stessa del sacerdozio”, il monito del Papa: “Mi spingo a dire che lì dove funziona la fraternità sacerdotale ci sono legami di vera amicizia, lì è anche possibile vivere con più serenità anche la scelta celibataria”. “L’amore fraterno, per i presbiteri, non resta chiuso in un piccolo gruppo, ma si declina come carità pastorale, che spinge a viverlo concretamente nella missione”, ha precisato Francesco: “Chi vive con la sindrome di Caino, nella convinzione di non poter amare perché sente sempre di non essere stato amato, valorizzato, tenuto nella giusta considerazione, alla fine vive sempre come un ramingo, senza mai sentirsi a casa, e proprio per questo è più esposto al male: a farsi male e a fare del male, per questo l’amore fra i presbiteri ha una funzione di custodire i mutamenti”.