(DIRE – SIR) – (Ucraina) – “Il popolo ucraino sta impartendo una lezione a tutto il mondo: mantiene la calma grazie alla fede che la pace sia davvero possibile nonostante il susseguirsi di annunci frenetici e terribili su un conflitto imminente”. A parlare con l’agenzia Dire è padre Michailo Tchaban, ispettore salesiano nella città di L’viv. Un colloquio tra il cancelliere tedesco Olaf Scholze e il presidente russo Vladimir Putin è in programma oggi a Mosca, dopo settimane segnate da nuovi dispiegamenti di forze militari ai confini dell’Ucraina. A fronteggiarsi i Paesi della Nato e la Russia: i primi riferiscono del rischio di un’invasione denunciando esercitazioni alla frontiera che coinvolgerebbero oltre 100mila uomini; la seconda chiede garanzie contro un’ulteriore espansione a est dell’Alleanza atlantica, anche a seguito del ritiro americano da un trattato sui missili a medio raggio. Anche la giornata di ieri è stata un continuo alternarsi di dichiarazioni politiche, con minacce, aperture e ancora messe in guardia da un’offensiva che, secondo fonti dell’intelligence americana citate dalla stampa, Mosca potrebbe far scattare domani. L’viv si trova nell’estremità occidentale dell’Ucraina, a soli 50 chilometri dal confine con la Polonia e l’Unione Europea. La città è stata scelta dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dal Canada come sede per le loro ambasciate trasferite in questi giorni dalla capitale Kiev. In Polonia, stando a dichiarazioni diffuse ieri, sono stati inviati altri otto cacciabombardieri e arriveranno presto altri 3mila soldati americani per operazioni di pattugliamento ed esercitazioni della Nato. “I politici sono come presi da una frenesia, mentre parlano e decidono su una possibile guerra” dice padre Tchaban. “Il popolo dell’Ucraina non si fa invece prendere dal panico e resta abbastanza tranquillo, nella convinzione che la pace si possa mantenere e anzi far durare”. Secondo il religioso, questa fede nasce anche dal periodo di incertezza cominciato nel 2014, l’anno dell’annessione russa della Crimea e dell’inizio del conflitto nelle regioni orientali del Donbass, dove scontri tra esercito ucraino e ribelli separatisti hanno causato almeno 14mila morti e costretto circa un milione e mezzo di persone a lasciare le proprie case. “Perfino qui a L’viv sono arrivati tanti sfollati, anche da Donetsk e Lugansk” ricorda il religioso. “Molti ragazzi sono stati accolti nella nostra casa famiglia, si sono costruiti una vita nuova, partecipano alle competizioni sportive e desiderano di poter godere della pace”. Tra le persone sfollate in contatto con i salesiani c’è anche Ruslan Lavlinsky, un ricercatore universitario di 37 anni. “Sono preoccupato” dice. “Non posso restare indifferente perché la guerra l’ho già vista e temo che superare un punto di non ritorno possa essere molto facile”. Lavkinsky insegnava psicologia a Donetsk prima di essere costretto a lasciare la sua città dall’inizio del conflitto. Come padre Tchaban, dice di sperare che le trattative diplomatiche possano “ridurre le tensioni”. A Kiev in giornata arriverà il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, che proseguirà poi domani la missione a Mosca. Il suo omologo russo, Sergej Lavrov, ha detto che “le possibilità di un accordo non sono finite”. Ieri il presidente americano, Joe Biden, e il capo del governo britannico, Boris Johnson, hanno fatto sapere di vedere una “finestra cruciale” per i negoziati. Domani in Ucraina dovrebbe essere invece la “giornata dell’unità”, con le bandiere nazionali in tutti i luoghi pubblici, annunciata da Volodymyr Zelensky per scongiurare i rischi di guerra e allontanare “l’oscurità”. (www.dire.it)