Complessivamente le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel Pnrr ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo delle risorse totali. La maggior parte si concentrano su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (circa 10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni). Questo uno degli highlights della terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia”, presentata oggi a Roma dal Cnr.
Per quanto riguarda i Programmi quadro europei, il nostro paese contribuisce al bilancio per la ricerca comunitaria con il 12,5%, ma i finanziamenti che ritornano sono pari a solo l’8,7%. Ciò dipende anche dal fatto che i ricercatori in Italia sono meno che nei nostri partner (6 su mille unità di forza lavoro, contro oltre 10 in Francia e Germania). Bisogna però anche aumentare il tasso di successo, specie nel coordinamento delle proposte, che nel nostro paese è pari all’8,6%, mentre per Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi e Belgio si attesta tra il 14 e il 15%.
La competizione interna per l’acquisizione di fondi a livello internazionale, rivela ancora la ricerca, “produce ‘circoli chiusi’ disciplinari e alimenta le disuguaglianze territoriali. Per i progetti nel settore Scienze della vita, estremamente innovativo e attrattivo, esiste una forte polarizzazione tra Nord e Sud, con una disparità evidente anche in relazione al Pil pro-capite”. Considerando le province nella fascia alta come nodi di collaborazioni internazionali, “la provincia di Milano è la più ricca ed è al primo posto come Hub di conoscenza, a seguire con notevole distacco Bologna, Roma e Firenze. Le poche province del Mezzogiorno in fascia alta presentano un Pil pro-capite nettamente inferiore rispetto al Centro-nord, con effetti negativi sul ruolo che possono giocare nello spazio della conoscenza”.