Un completo excursus lungo un secolo delle organizzazioni femminili, non solo cattoliche, è stato offerto da Cecilia Dau Novelli, docente dell’Università di Cagliari, durante il Convegno Bachelet, in corso a Roma. Nei primi anni del ‘900, l’Unione fra le donne cattoliche d’Italia rifiutava di essere considerata un’associazione femminista ma di fatto “richiedeva una presenza più attiva della donna nella società”. “L’obiettivo del movimento cattolico – ha spiegato – era raggiungere mutamenti di mentalità per un progressivo allargamento delle conoscenze della donna; era quindi la crescita dell’intelletto femminile, voleva influire sulla sua mentalità e non, come il femminismo, sulla sua natura e i suoi compiti”. Specie l’organizzazione cattolica femminile ebbe un ruolo fondamentale, secondo la docente, nel distruggere sistematicamente tutto ciò che il fascismo stava cercando di costruire. “Il fascismo – ha affermato – si trovò a dover contrastare un’organizzazione già abbastanza efficiente”. I primi anni della Repubblica, sono poi contraddistinti dalla nascita di numerosi gruppi cattolici votati all’impegno femminile in politica. “Sul finire degli anni Cinquanta – ha ricordato – emerse in maniera dirompente il problema delle lavoratrici, ancora sottopagate e discriminate nonostante il dettato costituzionale. Anni di lavoro e di sacrifici non erano stati sufficienti ad equipararle agli uomini”. E sul femminismo, che nel secondo dopoguerra provocò un grande fermento commenta: “Tra il 1968 e il 1977 il movimento si esaurì non senza aver lasciato una considerevole eredità al mondo politico successivo. Il resto è storia di oggi, con il suo pesante retaggio di discriminazioni, violenze, sopraffazioni, che i movimenti femminili hanno cercato e cercano di superare”.