Politica: p. Occhetta, “la fede non ha colori politici, è chiamata a unire e non a dividere, è un ponte con gli uomini e donne di buona volontà, non è un muro”

I cristiani “partecipano alla vita della polis, adempiono i loro doveri da cittadini, esprimendo quella duplice appartenenza alla città terrena ed eterna in coerenza ad alcune regole che testimoniano con la vita senza imporle. La fede non ha colori politici, è chiamata a unire e nona dividere, è un ponte con gli uomini e donne di buona volontà, non è un muro, aiuta a includere non a escludere”. Lo ricorda il gesuita padre Francesco Occhetta nell’articolo “Quale rapporto tra potere e religione?” pubblicato sul numero di dicembre di “Vita pastorale” (Gruppo editoriale San Paolo).
“Il potere politico nazionale e internazionale sta riportando al centro del dibattito il rapporto tra la politica, la morale e la religione per legittimare scelte e programmi, mentre la Chiesa fatica ad anticipare i temi del dibattito pubblico e a creare una cultura condivisa e inclusiva sui temi che dividono la politica”, osserva il gesuita, secondo cui “valeva ieri e continua a valere oggi: ogni volta che nello spazio pubblico i segni cristiani vengono utilizzati dai governanti per costruire un’identità religiosa etnico-nazionale, si aumenta la contrapposizione tra il ‘noi’ ideale e un ‘loro’ da respingere”. Padre Occhetta sottolinea che rileggere “Dio e Cesare” di Oscar Cullmann (1956), “ci aiuta a comprendere il rapporto tra Chiesa e Stato, terra e cielo, città eterna e città terrena, impegno nel mondo e testimonianza spirituale, che sono ambiti da distinguere, non da fondere”. “La sfida per la comunità credente – spiega – è grande: vivere obbedendo allo Stato, nelle forme dei suoi limiti storici ma, allo stesso tempo, spingersi oltre le forme della sovranità e della cittadinanza politica per migliorare lo Stato stesso, riformarlo e riconoscersi in una comunità universale più grande. Nessuna ambiguità”. “Nella vita politica – prosegue il gesuita – la forma segue la sostanza, il lievito conta più della massa. Ma a una condizione: non avere paura di cambiare e riformare, di accompagnare e far crescere, di proteggere e dare spazio a ciò che fonda la dignità delle donne e degli uomini”. “Il potere va esorcizzato e spogliato dai suoi panni religiosi, come avevano fatto i democristiani italiani con l’idea di laicità”, ammonisce p. Occhetta, per il quale “quando Cesare moltiplica il ‘cattivismo’ con parole e scelte, l’alternativa non può essere il buonismo cristiano, spesso ipocrita e compiacente, ma la responsabilità morale di obbedire a un comandamento: ‘Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro’ (Mt 7,12)”. “In un contesto di minoranza sociale e di isolamento nei partiti, per i credenti – conclude – le soluzioni alternative sono scritte nella storia: fiducia e cooperazione, bene comune e felicità pubblica, sussidiarietà e dignità, attraverso cui filtrare scelte e progetti, temi e provvedimenti, sogni e testimonianza”.

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