Le vittime di torture e violenze nell’inferno libico, arrivate in Italia attraverso corridoi umanitari, sono ora al centro di un percorso di accoglienza e integrazione. L’obiettivo è garantire a chi ha subito traumi fisici e psicologici un’accoglienza sociale integrata e diffusa in Italia, calibrata sulle esigenze delle persone e costruita insieme a loro. Il progetto sperimentale nazionale è nato dalla collaborazione tra Ciac e Medici senza frontiere (Msf), ed è stato presentato questa mattina a Parma. In questa fase riguarda 12 persone tra cui anche nuclei familiari con figli piccoli, ed è costruito in diverse fasi. La prima riguarda l’identificazione delle persone in Libia, cosa molto complessa e svolta dal team in loco di Msf. La seconda parte riguarda l’attivazione dei corridoi umanitari gestiti da Unhcr, Comunità di Sant’Egidio, Fcei e Tavola Valdese in convenzione con il governo italiano e il trasporto delle persone in Italia. La terza e ultima fase riguarda la loro accoglienza: per sei mesi sono state accolte a Palermo con percorsi di presa in carico sanitaria e nelle prossime settimane saranno spostati in altri centri di accoglienza tra cui Parma. “Attraverso i corridoi umanitari – ha spiegato il direttore di Ciac Michele Rossi – evitiamo alle persone il viaggio che è un ulteriore trauma e, allo stesso tempo, riusciamo a garantire una accoglienza dignitosa e rispettosa del loro vissuto. L’obiettivo è costruire un percorso insieme a chi emigra: prima su Palermo e poi su Parma e altri territori italiani”. “Crediamo che sia un bel segnale – ha concluso – ancora di più in questo periodo in cui sentiamo parlare di sbarchi selettivi e di politiche restrittive del diritto di asilo. Un progetto da estendere e far diventare un modello per tutta Italia”. Per il direttore dei progetti di Msf Marco Bertotto si risponde ad una precisa necessità delle persone presenti in Libia. “Da anni lavoriamo nei campi di detenzione libici e i nostri operatori ci hanno chiesto un aiuto per l’evacuazione di persone che hanno subito tortura e violenze – ha detto Bertotto – e ci siamo chiesti come fare ad accompagnarli nel loro percorso di accoglienza in Italia”. Per Msf la realizzazione di questo sistema di integrazione “testimonia la praticabilità di un modello alternativo che spazza via alcuni pregiudizi sulla migrazione e sull’asilo. Dimostriamo che esistono le possibilità legali e sicure con cui le persone possono cercare protezione. Allo stesso tempo, non dobbiamo cadere nell’errore che i corridoi umanitari siano l’unica soluzione possibile, ma per alcune specifiche persone è fondamentale costruire dei percorsi dedicati”.