“La gentilezza è un antidoto contro alcune patologie delle nostre società: contro la crudeltà, che purtroppo si può insinuare come un veleno nel cuore e intossicare le relazioni; contro l’ansietà e la frenesia distratta che ci fanno concentrare su noi stessi e ci chiudono agli altri”. Ne è convinto il Papa, che ha impostato tutta l’omelia per il tradizionale Te Deum di fine anno, nella basilica di San Pietro, su questa virtù, testimoniata innanzitutto dal Papa emerito Benedetto XVI, che ci ha lasciato proprio proprio questa mattina. “Queste malattie della nostra vita quotidiana ci rendono aggressivi e incapaci di chiedere ‘permesso’, oppure ‘scusa’, o di dire semplicemente ‘grazie’: le tre parole chiave della convivenza, con queste parole ci va avanti nella pace, nella gentilezza umana”, la denuncia di Francesco: “E così, quando per la strada, o in un negozio, o in un ufficio incontriamo una persona gentile, rimaniamo stupiti, ci sembra un piccolo miracolo, perché purtroppo la gentilezza non è più molto comune. Però, grazie a Dio, ci sono ancora persone gentili, che sanno mettere da parte le proprie preoccupazioni per prestare attenzione agli altri, per regalare un sorriso, per regalare una parola di incoraggiamento, per ascoltare qualcuno che ha bisogno di confidarsi, di sfogarsi”. “Penso che recuperare la gentilezza come virtù personale e civica possa aiutare non poco a migliorare la vita nelle famiglie, nelle comunità, nelle città”, la tesi del Papa: “Per questo, guardando al nuovo anno della città di Roma, vorrei augurare a tutti noi che la abitiamo di crescere in questa virtù: la gentilezza. L’esperienza insegna che essa, se diventa uno stile di vita, può creare una convivenza sana, può umanizzare i rapporti sociali sciogliendo l’aggressività e l’indifferenza”.